Il traditore di Marco Bellocchio (2019)

Italia, Francia, Germania, Brasile 2019
Titolo Originale: Il traditore
Sceneggiatura: Marco Bellocchio, Ludovica Rampoldi, Valia Santella, Francesco Piccolo, Francesco La Licata
Durata: 135 minuti
Genere: Biografico, Drammatico


Tra i film presentati all'ultimo Festival di Cannes, uno di quelli che mi interessava di più era sicuramente "Il traditore", diretto da Marco Bellocchio, vuoi per il mio interesse verso il periodo storico delle guerre di mafia, che non ho vissuto in quanto non ero ancora nato, vuoi anche per un regista che per quel poco che ho potuto esplorare, mi piace particolarmente. Il già regista di "Bella addormentata" e "Fai bei sogni", torna dunque al cinema e, dopo aver presentato il suo ultimo film a Cannes, ottiene un enorme successo di critica, con il pubblico in sala che gli tributa ben nove minuti di applausi, anche se la cosa per quanto mi riguarda conta poco, visto che giusto l'anno scorso "La casa di Jack", che per me a questo punto è diventato un film imprescindibile di questa annata che ancora grosse soddisfazioni non me ne ha date, era stato spernacchiato da una buona metà del pubblico. Con un azzeccato lavoro per quanto riguarda il casting, Marco Bellocchio si circonda di attori non particolarmente conosciuti nel cinema italiano, ad eccezione di Pierfrancesco Favino per interpretare il protagonista del film Tommaso Buscetta, considerato uno dei primi pentiti di Cosa Nostra, che lo stato italiano imparò a conoscere di più e a cominciare a combattere proprio grazie alle sue rivelazioni al giudice Falcone, qui interpretato da Fausto Russo Alesi. Altro personaggio importante nella vicenda è Salvatore Contorno, che qui viene interpretato da Luigi Lo Cascio, che ritorno a vedere in un film di mafia dopo averlo visto nel ruolo di Peppino Impastato ne "I cento passi".
Siamo agli inizi degli anni ottanta, con Cosa Nostra divisa tra le famiglie storiche di Palermo e la nuova fazione dei Corleonesi, guidata da Totò Riina, qui interpretato dal suo clone Nicola Calì. Tutte le famiglie appartenenti all'organizzazione si riuniscono durante la festa di Santa Rosalia, per ufficializzare la loro riconciliazione, ma proprio durante questa festa Tommaso Buscetta, intuendo il pericolo, decide di scappare in Brasile assieme a sua moglie, seguendo i suoi traffici sotto falso nome e lasciando in Italia i suoi primi due figli. La sua intuizione si rivelerà poi esatta: comincerà una nuova guerra di mafia, durante la quale molti esponenti di spicco della cosca mafiosa e loro familiari cominciano a venire uccisi, spariscono anche i due figli di Buscetta e suo fratello. Nel frattempo anche lo stesso Buscetta viene catturato in Brasile e, una volta ottenuta l'estradizione, deciderà di parlare con il giudice Falcone e di testimoniare nel maxi-processo del 1986 assieme a Salvatore Contorno, pentitosi dopo una serie di attentati a cui è riuscito a fuggire.
Il periodo storico in cui è ambientato "Il traditore" ci è stato proposto in tutte le salse possibili e immaginabili dal cinema italiano, che non perde mai l'occasione di narrare le vicende che hanno insanguinato quegli anni nel corso della storia del nostro paese. Marco Bellocchio decide di rappresentare quel periodo con gli occhi di uno degli uomini che si sono rivelati più importanti nell'ottica del processo condotto verso un grande numero di boss mafiosi, molti dei quali non erano ancora nemmeno stati catturati. Il ritratto che Bellocchio traccia di Tommaso Buscetta è quello di un uomo che non si mai proclamato un pentito, quanto più che altro un uomo d'onore che si è sentito tradito da Cosa Nostra, un'organizzazione che ha detta sua è cambiata nel corso del tempo e ha tradito se stessa. Importanza centrale nell'ottica di tracciarne il suo ritratto assumono i dialoghi con il giudice Falcone, tra i quali sembra nascere, nonostante la differenza di vedute, un rapporto di reciproco rispetto, in quegli interrogatori che hanno contribuito a tracciare la struttura dell'organizzazione mafiosa e a fare i nomi dei personaggi più coinvolti. Viene anche riprodotto in maniera estremamente efficace il maxi-processo dando agli spettatori un effetto un po' straniante: durante la visione infatti ho avuto a tratti l'impressione che Bellocchio per rappresentarlo avesse puntato su una componente trash che volesse mettere in ridicolo i boss che venivano processati e i loro avvocati. Un'impressione che a dir la verità non mi stava nemmeno dispiacendo, se non fosse che era completamente sbagliata, alla luce dell'aver visto successivamente su Youtube degli spezzoni di quel processo: era tutto vero, estremamente realistico, i finti svenimenti, le urla, le finte malattie mentali, la strafottenza con cui ognuna di queste persone deprecabili disconosceva chiunque gli stesse intorno sono state rappresentate nella maniera più fedele possibile alla realtà dei fatti e se l'idea che fosse tutto estremizzato e portato al limite del trash mi piaceva, mi ha colpito ancora di più scoprire che il tutto era estremamente realistico. Benissimo poi il dialogo tra Buscetta e Pippo Calò, interpretato da Fabrizio Ferracane, intenso e molto significativo di quello che fosse il pensiero di Buscetta verso l'organizzazione che stava tradendo e che, a detta sua, lo aveva tradito e aveva tradito se stessa. Tomaso Buscetta per tutto il corso del film rimane un personaggio controverso e a simboleggiare il suo essere uomo d'onore viene portato un aneddoto, quello di un uomo condannato a morte e il cui esecutore doveva essere proprio lui, che per anni, sapendo della sua condanna, è sempre stato il più possibile vicino al figlio, perchè sapeva che non sarebbe mai stato ucciso davanti ad un bambino o ad un ragazzino, per poi venire ucciso subito dopo la fine del matrimonio del figlio. Forse meno efficace, ma altrettanto inquietante, la parte in cui viene narrata la deposizione di Buscetta ai danni di Giulio Andreotti, qui interpretato da Pippo Di Marca, un personaggio che per tutto il tempo in cui è in scena non parla mai, ma riesce ad interpretare al massimo, scrivendo appunti su un quaderno, tutta la sua enigmaticità, non facendo trasparire alcuna emozione nè intenzione, un po' la stessa impressione che mi dava il volto di Andreotti ogni volta che lo vedevo in un'intervista.
Uno dei punti di forza de "Il traditore" è sicuramente la scelta del cast, con la decisione di prendere attori il più possibile somiglianti ai corrispettivi reali, in cui Pierfrancesco Favino riesce ad immergersi in maniera pazzesca, non solo vestendo i panni di Tommaso Buscetta, ma quasi diventando il personaggio da lui interpretato: ne prende l'inflessione dialettale, il tono di voce, il modo di parlare e di muoversi, risultando anche, grazie ad un lavoro pazzesco per quanto riguarda il trucco, identico al personaggio da lui interpretato. Bene anche dal punto di vista recitativo Fausto Russo Alesi nei panni di Giovanni Falcone, anche se la sua interpretazione rimane molto nei canoni in cui abbiamo visto interpretare il personaggio in molte altre situazioni, riesce a ben interpretare lo sdegno verso le parole di Buscetta, soprattutto nelle prime fasi della deposizione. La regia è poi quella tipica di Marco Bellocchio, che fa un grande uso dei primi piani e di scene molto lunghe ed intense ambientate in un unico luogo, ma si segnala in maniera particolare per la scena dell'attentato a Giovanni Falcone. La scena della morte di Falcone si può dire che sia stata rappresentata, dal cinema italiano, letteralmente in tutte le salse, ma la rappresentazione cruda che ne dà Bellocchio è stata forse quella che ho preferito in assoluto, per quanto agghiacciante: viene riprodotta la famosa scena in cui Falcone di fianco alla moglie toglie le chiavi dall'automobile mentre sta guidando per consegnarle alla sua scorta dietro di lui, poi le rimette, avviene l'esplosione e vediamo tutta l'inquadratura dall'interno della sua automobile, che fa un volo, con i due personaggi che sembrano quasi tenersi il più forte possibile per evitare di venire sbalzati, per poi rimanere esanimi quando l'automobile ricade a terra.
Insomma, "Il traditore" è sicuramente uno dei migliori film visti in questa prima metà del 2019, merita sicuramente tutte le critiche positive che ha ricevuto e merita, assolutamente, di essere guardato, perchè storicamente importante e perchè, soprattutto, cinematograficamente validissimo.

Voto: 9

Commenti

  1. Davvero bello, ci sono dei passaggi che sono stati semplificati per motivi di tempo e per esigenze narrative, ma l'ho trovato un ottimo film. Cheers!

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