Il Divin Codino di Letizia Lamartire (2021)

Italia 2021
Titolo Originale: Il Divin Codino
Regia: Letizia Lamartire
Sceneggiatura: Ludovica Rampoldi, Stefano Sardo
Cast: Andrea Arcangeli, Valentina Bellè, Thomas Trabacchi, Andrea Pennacchi, Antonio Zavatteri, Anna Ferruzzo, Martufello
Durata: 92 minuti
Genere: Biografico

Per motivi anagrafici ho potuto seguire la carriera di Roberto Baggio solo nei suoi ultimi anni, principalmente a partire dal mondiale del 1998 in Francia fino ad arrivare al suo ritiro quando vestiva la maglia del Brescia. Essendo nato nel 1990 e avendo cominciato a seguire il calcio intorno agli otto anni, mi sono perso tutti gli anni migliori di quello che è considerato come uno dei migliori calciatori italiani di sempre, se non addirittura il migliore. Per questo, da appassionato medio-basso di calcio - nel senso che guardo, quando posso, solamente le partite della squadra che tifo, la Juventus, e a volte quelle della nazionale - non mi sonon lasciato sfuggire, nel giorno della sua uscita, "Il Divin Codino", film diretto da Letizia Lamartire alla sua prima esperienza in un lungometraggio dopòo aver iniziato la sua carriera con i cortometraggi. Ad interpretare Roberto Baggio abbiamo il giovane Andrea Arcangeli, attore classe 1993 visto principalmente in produzioni televisive, ma da qualche anno attivo anche al cinema, mentre abbiamo anche Valentina Bellè, ad interpretare Andreina, la sua storica compagna di vita. Nel cast anche Andrea Pennacchi nei panni del padre Florindo, Antonio Zavatteri ad interpretare Arrigo Sacchi e Martufello nei panni di Carlo Mazzone, suo allenatore al Brescia sul quale ritorneremo più avanti.

Contrariamente a quanto fanno diversi biopic su personaggi sportivi, che ripercorrono o un singolo momento simbolico della carriera, oppure la ripercorrono tutta, "Il Divin Codino" si concentra su tre eventi in particolare: l'ingaggio di Baggio da parte della Fiorentina e l'inizio della carriera in serie A dopo il grave infortunio occorsogli nelle fila del Vicenza, poi abbiamo il mondiale statunitense del 1994 e infine gli ultimi anni di carriera al Brescia. Totalmente omesse le militanze con la maglia della Juventus, dell'Inter e del Milan, per concentrarsi principalmente su questi tre momenti e per spiegare il rapporto simbiotico con il mondo del calcio, contrapposto a quello non sempre idilliaco con il padre Florindo.

Per quanto riguarda i miei gusti cinematografici ho trovato "Il Divin Codino" un film per me abbastanza controverso: da una parte non riesco a ignorare il fatto che ci troviamo chiaramente davanti ad un lungometraggio di stampo piuttosto televisivo, tant'è che è stato anche mandato direttamente su Netflix senza che ci fosse neanche la possibilità che passasse per la sala; dall'altra, invece, a livello emozionale, riesce a fare abbastanza bene il suo lavoro, raccontando principalmente l'uomo, il personaggio, lo sportivo, piuttosto che l'eroe che ha compiuto delle imprese - cosa che invece fa il novantanove per cento delle pellicole sportive. Interessante la scelta di narrare non tanto la gloria calcistica di Roberto Baggio, quanto più che altro tre momenti in cui grandi gioie si sono alternate ad altrettanti dolori. Per questo il primo contratto con la Fiorentina diventa anche l'occasione per raccontare il suo grave infortunio, dal quale si rialza grazie all'incontro con un venditore di dischi buddhista in quel di Firenze. L'aver trascinato l'Italia in finale dei mondiali del 1994 diventa occasione per parlare delle conseguenze psicologiche di quel rigore sbagliato, non essendo riuscito il calciatore a mantenere una promessa fatta al padre da piccolo. L'approdo al Brescia, con il suo ultimo tentativo di partecipare ai mondiali del 2002 in Corea del Sud e Giappone, fa riflettere sulla sua fragilità, principalmente fisica, ma anche sulla stima che tutta Italia ha sempre avuto per lui.

Da una parte la scelta di ridurre la lunghissima carriera di Baggio a tre soli eventi è coraggiosa e sicuramente paga nel raccontare l'uomo. Quello che sicuramente viene meno è l'aspetto sportivo, che forse è visto addirittura con una certa superficialità. Paradossalmente penso che "Il Divin Codino" possa essere apprezzato di più da chi non è interessato a conoscerne l'aspetto calcistico della vicenda, ma, di contro, una persona che non ha mai seguito il calcio in vita sua, difficilmente lo guarderà con interesse. In questo le semplificazioni sulla carriera calcistica di Baggio sono scelte sicuramente coraggiose proprio perchè ci troviamo davanti ad un lungometraggio diretto agli appassionati di calcio e che verrà fruito principalmente da loro, che però potrebbe essere apprezzato sicuramente di più da persone a cui l'aspetto calcistico interessa in maniera marginale.

Dal punto di vista recitativo molto apprezzabile la performance del protagonista Andrea Arcangeli, che riesce a diventare Roberto Baggio nell'aspetto e anche nelle movenze in campo. A parte Andrea Pennacchi, che ha un ruolo centrale in tutte e tre le fasi narrate nel film, gli altri attori hanno quasi tutti un ruolo marginale: Valentina Bellè è spesso messa in disparte, ma c'è una scena in cui m'ha fatto sorridere tantissimo; Antonio Zavatteri funziona bene nei panni di Arrigo Sacchi risultando anche piuttosto antipatico, mi ha dato un po' le stesse sensazioni di quando vedevo il suo corrispettivo reale nei salotti sportivi, la voglia di dargli una badilata tra capo e collo, ecco. Martufello invece, uno dei re assoluti del trash italiano e della bassa recitazione è poco credibile nei panni di Carlo Mazzone, ma ancora di più è imperdonabile il non aver rifatto la scena della corsa sotto la curva dell'Atalanta gridando "Li mortacci vostra!", maturato tra l'altro grazie ad una tripletta di Baggio.

Insomma, "Il Divin Codino" è sicuramente una di quelle pellicole che funziona molto di più sul piano emozionale piuttosto che su quello puramente cinematografico, su cui l'ho trovato talvolta un po' carente. Ho comunque trovato la visione piacevole e coinvolgente, soprattutto per quel che riguarda il racconto dell'uomo dietro allo sportivo che tutti conosciamo.

Commenti

  1. Non ho trovato Martufello così malvagio..certo un personaggio macchiettistico come Mazzone fai presto a interpretarlo :D Comunque è vero, hanno voluto raccontare l'uomo dietro al campione, lo dice pure la canzone di Diodato

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  2. Mazzone che corre sotto la curva è uno dei momenti più belli del calcio anni novanta... Insieme a tutto ciò che ha fatto Baggio! Io smisi di interessarmi al calcio quando si ritirò, lui era di un altro livello, proprio. Questo film mi sembra molto televisivo, effettivamente, ma mi sono goduto lo speciale di 30 minuti con Baggio che risponde a domande dopo aver visto spezzoni del film, davvero meritevole.

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