OSCARS BEST MOVIES - La mia via di Leo McCarey (1944)

USA 1944
Titolo Originale: Going My Way
Regia: Leo McCarey
Sceneggiatura: Frank Butler, Frank Cavett
Cast: Bing Crosby, Barry Fitzgerald, Frank McHugh, James Brown, Gene Lockhart, Jean Heather, Porter Hall, Fortunio Bonanova, Eily Malyon, Risë Stevens
Durata: 130 minuti
Genere: Drammatico

Dopo le immancabili classifiche di inizio anno, dedicate ai migliori film e alle migliori serie TV viste nell'anno precedente, si torna a quella che è la programmazione naturale di questo blog, fatta di recensioni e di rubriche. Come primo vero e proprio post dell'anno ho deciso di riprendere in mano la rassegna dedicata alle pellicole che hanno vinto l'Oscar come miglior film, giunta al diciassettesimo appuntamento dedicato a "La mia via" di Leo McCarey. Regista di molti lungomentraggi a cavallo tra gli anni venti e gli anni settanta, Leo McCarey si fece segnalare già nel 1938 vincendo l'Oscar per la miglior regia con "L'orribile verità", ma ottenne il vero e proprio successo commerciale grazie a "La mia via" e "Le campane di Santa Maria", entrambi film dalla tematica religiosa, fortemente spinti dalla presenza del popolarissimo Bing Crosby come protagonista. Nel cast de "La mia via" abbiamo anche Barry Fitzgerald e Frank McHugh: il primo lo abbiamo già visto proprio in questa rubrica, nel film "Com'era verde la mia valle", mentre il secondo ha recitato in tantissime pellicole tra il 1930 e il 1967.
Chuck O'Malley è un giovane reverendo che viene inviato dai suoi superiori nella parrocchia di Saint Dominic, in un piccolo sobborgo di New York. Il suo compito è quello di aiutare l'anziano padre Fitzgibbon, che guida la picocla comunità ecclesiastica ormai da quarant'anni. O'Malley si troverà subito davanti ad una parrocchia statica e molto assonnata, ma soprattutto molto restia ai cambiamenti. Il giovane sacerdote, però, deciderà di assecondare gli ordini e le convinzioni di padre Fitzgibbon, per non dar lui l'impressione di essere inutile e da sostituire. Presto però, ottenendo sempre più la fiducia del sacerdote e dei fedeli, comincerà a fare di testa sua, dando in qualche modo una nuova linfa vitale alla piccola comunità ecclesiastica.
Non essendo mai stato un particolare amante della tematica religiosa al cinema - anche se qualche piccola perla il genere ce l'ha regalata - non ho approccaito alla visione de "La mia via" con il giusto mood: da una parte vi era l'interesse per una pellicola che comunque è tra quelle che hanno vinto l'Oscar come miglior film, entrando nella storia della settima arte a gamba tesa, dall'altra vi era la paura di affrontare una visione eccessivamente melensa e piena di buoni sentimenti triti e ritriti. Sono indubbie le qualità dal punto di vista cinematografico che "La mia via" mostra nel comparto tecnico, la regia e la fotografia sono curate nel dettaglio e qualche inquadratura si fa apprezzare e ricordare positivamente. Il doppiaggio italiano, invece, curato da un gruppo di attori italoamericani, l'ho trovato abbastanza imbarazzante, mi rendo conto che vedere il film in lingua originale sarebbe stata sicuramente la scelta migliore, se solo fossi riuscito a procurarmelo.
Come contraltare ad un buon comparto tecnico, abbiamo però una narrazione della vicenda che punta moltissimo su un sentimentalismo abbastanza spicciolo, nel corso della visione de "La mia via" vengono messi in scena talmente tanti buoni sentimenti che non solo non sono riusciti a mettere a dura prova il mio proverbiale cinismo, ma forse lo hanno addirittura peggiorato. Alcune delle canzoni originali cantate nel corso della pellicola non mi hanno particolarmente impressionato, così come alcune scene, a livello di recitazione e di cosa viene mostrato allo spettatore, le ho trovate proprio sbagliate. Nella mia modestia posso tranquillamente affermare di non avre la giusta chiave di lettura per comprendere ed apprezzare la visione de "La mia via", forse quella che più ho sofferto in assoluto da quando ho incominciato questa rubrica.

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