Hellbound: Hellraiser II - Prigionieri dell'Inferno (1989)

Gran Bretagna 1989
Titolo Originale: Hellbound: Hellraiser II
Regia: Tony Randel
Sceneggiatura: Peter Atkins
Cast: Doug Bradley, Ashley Laurence, William Hope, Clare Higgins, Kenneth Granham, Imogen Boorman, Sean Chapman, Oliver Smith, Angus MacInnes
Durata: 97 minuti
Genere: Horror

La trama in breve: Kirsty Cotton è diventata paziente del dottor Channard in ospedale. Mentre è lì dentro continua ad essere perseguitata da visioni che le ricordano la distruzione della sua famiglia per mano dei cenobiti. Il dottor Channard però da tempo colleziona tutto ciò che ha a che fare con "La configurazione del lamento", in grado di aprire un portale verso il mondo dei Cenobiti.

Procede con cadenza quasi settimanale il recupero dell'intera saga di Hellraiser e, dopo aver recensito il primo capitolo, eccoci qui con il secondo. Poche volte nella cinematografia ci si trova davanti ad un secondo capitolo migliore del primo, tranne quei casi in cuila storia ha una continuità dovuta al fatto che è stata progettata appositamente per farepiù di un film. Il caso "Hellraiser"" è invece leggermente diverso: la storia da cui è tratto si protrae su diversi racconti, ma non mi è sembrato, guardando soprattutto il primo film, che il progetto fosse quello di dare sempre e comunque continuità al racconto nel corso delle diverse pellicole.

Sì, ok, nella prima recensione avevo detto che l'effetto che provoca è probabilmente diverso da quello che mi avrebbe provocato se fossi nato a metà degli anni '70 e avessi visto il film alla sua uscita, mentre guardandolo per la prima volta in questo periodo non si può dire che l'effetto che ne scaturisca sia vera e propria paura. Diciamo che c'è un certo senso di inquietudine, quella sorta di empatia che si prova con la protagonista della vicenda Kirsty Cotton, interpretata da Ashley Laurence, con la quale ci si sente solidali soprattutto per quanto riguarda le emozioni.

Ne esce dunque un secondo capitolo che trovo per molti versi migliore del primo e che, proseguendo la storia dei cenobiti, con un Pinhead che è sempre più subdolo, bastardo e disonesto, dei cattivi che si rivelano sul serio qualcosa di veramente buono tanto da considerarli la componente migliore dell'intera produzione. Sì, molto più di tutte le scene violente che non fanno più effetto, c'è la psicologia dei cattivi a tenere banco e a contribuire alla costruzione di un qualcosa che probabilmente non sta nell'Olimpo cinematografico (anzi, sicuramente), ma che comunque si lascia guardare con estremo coinvolgimento e con la giusta dose di pathos.

Voto: 6/7

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