Kreuzweg - Le stazioni della fede (2014)

Germania, Francia 2014
Titolo Originale: Kreuzweg
Regia: Dietrich Brüggemann
Sceneggiatura: Anna Brüggemann, Dietrich Brüggemann
Cast: Lea Van Acken, Florian Stetter, Franziska Weisz, Ramin Yazdani, Lucie Aron, Moritz Knapp, Hanns Zischler, Birge Schade
Durata: 107 minuti
Genere: Drammatico

Sono sempre piuttosto restio a parlare di fede o guardare film che ne parlano. Mi reputo un credente, ma mediamente i film che parlano dell'argomento mi hanno sempre particolarmente annoiato, mentre altri sono semplicemente troppo forti e talvolta addirittura troppo semplicistici perchè io riesca a gradirli. Già al momento della sua uscita avevo bollato "Kreuzweg - Le stazioni della fede" con la frase "io mi sono già annoiato leggendo il titolo e il suo significato". Sì perchè il significato letterale della parola "Kreuzweg" è proprio "Via Crucis", ovvero il doloroso cammino fatto da Gesù nel corso della sua passione e morte in croce. In realtà, durante la visione mi è toccato ricredermi: la convinzione a vedere la pellicola me l'ha data il blog Pensieri Cannibali che con una recensione geniale esaltava alla grande il film, recensione con la quale, a grandi linee, mi trovo piuttosto d'accordo. Non che il film sia leggero o una botta di vita, ma sicuramente non è noioso nè eccessivamente appesantito.

"Kreuzweg - Le stazioni della fede" parla di Maria - manco a dirlo -, interpretata da una spettacolare Lea Van Acken una ragazzina quattordicenne che frequenta una comunità cattolica in Germania molto conservatrice: tanto per fare qualche esempio tale comunità rifiuta il Concilio Vaticano II, il fatto che i sacerdoti abbiano smesso di celebrare la messa in latino, bolla qualsiasi tipo di musica come "musica di Satana" - che uno come me che ascolta principalmente rock e heavy metal ritiene una cosa banalissima e su cui ha fatto anche il callo, ma provate a estendere la definizione anche alla musica dance, la musica pop e tanto per gradire anche al gospel e al soul, musiche a sfondo religioso per definizione - e si prefissa la missione di far notare a chiunque il fatto che stia vivendo nel peccato. La loro è come una missione e devono portarla a fondo. Durante la scena iniziale, che già da sola contestualizza benissimo tutta la situazione, Maria si concentrerà in realtà su un'altra cosa, sul valore del sacrificio: la sua situazione a casa è molto pesante, avendo una madre a cui piace particolarmente comandare e umiliarla, un padre che sembra totalmente sottomesso a lei e un fratellino di quattro anni che a causa di una non ben specificata malattia non ha ancora spiccicato una parola. La missione di Maria, in qualche modo, durante tutto il film, diventerà quella di sacrificarsi per far sì che il suo fratellino guarisca. D'altronde qualsiasi piacere che la vita le propone è costretta a rifiutarlo proprio perchè lì si nasconde il potere di Satana - che poi qualcuno dovrebbe chiedere a sua madre, che promuove questa cosa, come ha fatto ad avere tre figli? Sono nati tutti al primo colpetto? Il padre avrà avuto gli spermatozoi più potenti della storia... -, quindi , siccome comunque è affascinata dall'amore di Cristo, tanto vale fare del bene a qualcuno, non ci importa poi in che modo lei stia facendo del bene. Il suo sacrificio comunque è molto estremo, dato che la ragazzina cercherà in ogni modo di lasciarsi morire, prendendosi broncopolmoniti andando in giro a maniche corte con un freddo cane oppure smettendo di mangiare.

La pellicola fondamentalmente è divisa in quattordici scene, che rappresentano quattordici stazioni della Via Crucis, scene realizzate dal regista Dietrich Brüggemann in una maniera un po' particolare, che in realtà potrebbe sembrare anche "vecchia" a molti, ma che in realtà possiede intrinsecamente un fascino molto particolare. Le scene infatti sono dei lunghi piano sequenza - che in realtà non so neanche se nella fattispecie si possano definire così - realizzati con telecamera fissa. Ognuna delle singole inquadrature infatti, proprio perchè realizzata in questa maniera, dà un'enorme importanza ad una fotografia che non vuole essere fine a se stessa, ma vuole raccontarci una storia nella storia. Inquadrare la situazione in questo modo, dà la possibilità al regista del film di contestualizzare l'intera situazione e così facendo, dà la possibilità agli attori in scena di intavolare il loro dialogo. Inquadrature e dialoghi sono la parte fondante dell'intera pellicola e infine la volontà di mandare un messaggio di un certo tipo.

Un messaggio che sicuramente arriva forte e chiaro allo spettatore. Un messaggio che può essere o meno condivisibile - anche se difficilmente penso di trovare qualcuno che lo condivida, dato che persino io stesso mi sono sentito rabbrividire davanti a certe affermazioni -, ma che sicuramente arriva dritto come un pugno allo stomaco, o anche un pugno dritto nei denti. La sorpresa davanti a un film che pensavo mi avrebbe parecchio annoiato è stata però quella di essere di fronte ad un film particolarmente pesante a livello di contenuti, ma non altrettanto a livello di narrazione. Il ritmo, seppur per nulla elevato - ovviamente, data la presenza della telecamera fissa - scorre via in maniera abbastanza liscia senza mai annoiare, ma rapendoti letteralmente all'interno dei dialoghi, che funzionano alla grande. A dirla tutta mi è anche difficile dare un voto a questa pellicola, dato che sono combattuto tra la mia condivisione del messaggio e la mera questione riguardante quanto la visione sia stata da me apprezzata. So però, per certo, che opterò per la seconda alternativa: il cinema deve anche essere in grado di mandare messaggi scomodi, condivisibili o meno. STa nella maniera di mandarli il vero valore aggiunto.

Voto: 9,5

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