OSCARS BEST MOVIES - Giorni perduti di Billy Wilder (1945)

USA 1945
Titolo Originale: The Lost Weekend
Regia: Billy Wilder
Sceneggiatura: Charles Brackett, Billy Wilder
Cast: Ray Milland, Jane Wyman, Phillip Terry, Howard Da Silva, Doris Dowling, Frank Faylen, Mary Young, Anita Sharp-Bolster, Lilian Fontaine, Frank Orth, Lewis L. Russell
Durata: 101 minuti
Genere: Drammatico

Con molto meno ritmo rispetto agli scorsi mesi, procede la cavalcata che mi porterà, nel giro di non so quanto tempo - molto, penso - a vedere tutte le pellicole che hanno vinto l'Oscar come miglior film e a parlarne su queste pagine. Dopo "Casablanca", uno dei miei pezzi preferiti dell'intera lista, e "La mia via" di Leo McCarey, che invece ho abbastanza detestato, oggi è tempo di parlare di "Giorni perduti", di Billy Wilder", regista che vedremo tornare ancora qualche volta su queste pagine, proprio all'interno di questa lunga rassegna. Il regista, che all'epoca era solo al suo sesto film all'attivo, già aveva girato un cult come "La fiamma del peccato", ma sarà proprio dopo questo lavoro che girerà le pellicole per cui è maggiormente noto, come "L'appartamento" o "A qualcuno piace caldo", giusto per citarne due completamente sconosciuti. Il protagonista di "Giorni perduti" è invece interpretato da Ray Milland, attore già particolarmente attivo all'epoca e che non si fermerà nemmeno negli anni a venire.

Don Birnam, scrittore in crisi creativa e personale, è in partenza per New York assieme al fratello Wick, per trascorrere con lui un weekend in campagna. Wick si è ormai da tempo arreso all'idea che il fratello sia diventato un alcolista completamente irrecuperabile e nè i suoi tentativi nè quelli della sua ragazza Helen sono serviti per salvarlo dal baratro. Con una scusa Don riesce a liberarsi dei due poco prima della partenza, decidendo di recarsi in paese per comprare del whisky da portare con sè durante il viaggio, ma, una volta fermatosi in un bar, perde la cognizione del tempo non riuscendo a partire per il viaggio. L'inconveniente diverrà per lui grande occasione per annegare il suo malessere negli alcolici senza il controllo ossessivo del fratello e della fidanzata, facendogli vivere un fine settimana di autodistruzione e autocommiserazione.

Tratto dal romanzo "The Lost Weekend" di Charles R. Jackson, "Giorni perduti" è uno dei primi film nella storia del cinema a trattare il tema dell'alcolismo come un grande problema che affliggeva in quel periodo la società americana, mentre in tempi precedenti era sempre stato trattato come uno stratagemma comico, per creare personaggi divertenti e macchiettistici. Tra le pellicole viste per questa rassegna, "Giorni perduti" è stata sicuramente una di quelle che ho apprezzato maggiormente. Ci troviamo davanti ad un lungometraggio che ha uno stile narrativo coinvolgente dall'inizio alla fine della visione e che ci mostra in maniera evidente lo sprofondare verso il baratro del nostro protagonista. Don già da tempo è un alcolista, non ci viene fatto vedere il modo in cui è caduto in questa dipendenza, ma ci viene spiegato nel corso della visione, eppure i due giorni della sua vita che vengono raccontati all'interno di questa storia sono esemplificativi di come l'uomo sia arrivato, in qualche modo, ad un punto di non ritorno, un punto in cui egli non riesce più a fare i conti con i suoi demoni personali e con i suoi fallimenti.

La visione di "Giorni perduti" procede in maniera scorrevole per tutta la sua durata e a contribuire alla grandezza di questo film abbiamo anche una regia di Billy Wilder che segue il nostro protagonista Don quasi in ogni inquadratura, con la fotografia che riesce a raccontare lo scorrere delle sue giornate e i cambi nel suo stato d'animo. A volte risulta particolarmente luminosa, ma quel luminoso che provoca abbagliamento, che fa venire il mal di testa, a volte è annebbiata come la mente di Don, che non riesce più a ragionare in maniera lucida. La sceneggiatura è abbastanza crudele e pessimistica nel raccontare le due giornate di autodistruzione di Don, pur portando ad un finale abbastanza ottimista, che però lascia aperte anche ad eventuali soluzioni negative.

Siamo giunti al diciottesimo episodio di questa rassegna dedicata alle pellicole che hanno vinto l'Oscar come miglior film e ci troviamo davanti a quello che finora è forse il lungometraggio più particolare. Mentre "Casablanca" lo avevo già visto in precedenza - e "Casablanca" è tutt'altro che un film convezionale, lo era all'epoca come lo è tuttora - "Giorni perduti" è riuscito a colpirmi alla prima visione come solo i grandi titoli sanno fare.

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