Novecento di Bernardo Bertolucci (1976)



Italia 1976
Titolo Originale: Novecento
Sceneggiatura: Franco Arcalli, Giuseppe Bertolucci, Bernardo Bertolucci
Durata: 310 minuti
Genere: Drammatico


Da quando ho fatto e finito le scuole superiori mi è capitato molto molto raramente di passare il Sabato sera a casa, ma ogni tanto, soprattutto quando i miei genitori devono uscire e io devo tener loro il cane, o invito a casa degli amici per guardarci un film, oppure me ne sto bello tranquillo e ne scelgo uno da vedere per conto mio. Certo, questa mia routine verrà sconvolta nei prossimi giorni, dato che a causa del morbo non si può praticamente uscire di casa, il che vuol dire avere più tempo per vedere film adattandomi a questa contingenza, so che sarà difficile, ma tre settimane alla fine passano in fretta, anche perchè il tempo c'è, ma sicuramente non è tanto quanto quello degli studenti delle scuole medie o superiori dato che comunque, fortunatamente altrimenti impazzirei del tutto, sto lavorando da casa, facendo anche la pausa caffè su Skype con alcuni dei colleghi che si sono prestati a questa pazzia. Quel Sabato a cui mi riferisco, però, il morbo ancora non era considerato una vera e propria minaccia, era solamente il giorno successivo in cui è stato riscontrato il primo caso a Codogno e non mi sarei immaginato che da lì al giorno dopo avrebbero chiuso tutti i cinema della Lombardia, che ancora non hanno riaperto e non riapriranno almeno fino al 3 Aprile. Una dovuta introduzione per parlare di un film epocale, cui mi sono dedicato in un'unica sera, una delle epopee più importanti della storia del cinema italiano, "Novecento", diretto da Bernardo Bertolucci nel 1976, presentato nello stesso anno al Festival di Cannes - fuori concorso - e con un cast stellare e vastissimo, tra i quali è giusto ricordare Robert De Niro, Donald Sutherland, Burt Lancaster, Gerard Depardieu, Alida Valli, Stefania Sandrelli e poi gli altri ve li leggete nella scheda in testa al post, che tanto citarli e basta non serve a molto. Un film diviso in due atti e presentato nei cinema italiani in due diverse uscite e girato tra le città di Parma, Reggio Emilia, Modena e Mantova, dalla durata quasi record di oltre cinque ore, che lo rendono di diritto il film più lungo che abbia mai visto.
La storia inizia nel 1901, precisamente il 27 Gennaio: in quel giorno, lo stesso della morte di Giuseppe Verdi, nello stesso luogo, una grande azienda agricola emiliana, nascono Alfredo Berlinghieri, nipote dei ricchi proprietari dell'azienda, e Olmo Dalcò, figlio illegittimo di Rosina, una contadina che lavora per i Berlinghieri. Crescendo, i due, nonostante l'estrazione sociale completamente differente, coltiveranno un rapporto di amicizia che evolverà nel corso degli anni, passando attraverso la Prima Guerra Mondiale, il ventennio fascista e gli anni della Seconda Guerra Mondiale, mettendo sempre in evidenza le lotte sociali dei contadini per avere condizioni di lavoro migliori, tematica a cui Bernardo Bertolucci si mostra molto sensibile.
Ci troviamo davanti ad un film che per il cinema italiano ha fatto talmente tanto storia che questa, chiaramente, non è nemmeno una recensione, ma solamente un commento sentito su ciò che penso di aver colto del film dal punto di vista artistico, dato che non ho mai studiato cinema e non ho le qualifiche per criticare un film del genere - ma in realtà non le ho per farlo con nessun film, mi sento molto più in grado ad esprimere le sensazioni cercando qualche parametro oggettivo, ma basandomi essenzialmente sulla percezione soggettiva che ho del film. Sicuramente "Novecento" è uno di quei film che già da come si presentano hanno l'aspirazione ad essere grandi e, per ovvi motivi, ci riescono anche, nonostante normalmente un film che supera le cinque ore è destinato a passare in sordina, questo, complice anche la divisione in due atti ben distinti, è riuscito a passare alla storia entrando nella lista dei cento film italiani da salvare. Bernardo Bertolucci, narrando allo spettatore quarantacinque anni di storia italiana attraverso gli occhi di due protagonisti ben precisi, riesce a costruire un film corale in cui le storie di tutti i personaggi più in vista acquisiscono la dovuta importanza, i caratteri vengono sviluppati e quelli dei due protagonisti evolvono in positivo o in negativo, le loro sorti cambiano nel corso del film come è giusto che sia in una storia che si svolge, approfondendoli anche bene, nel corso di più di quarant'anni, mentre altri, come ad esempio il personaggio di Attila Melanchini, rimangono più o meno sempre uguali nel corso di tutta la durata del film, Attila viene presentato da stronzo di prima categoria e morirà da stronzo di prima categoria, anche se umiliato nel profondo.
Sono talmente tanti i personaggi e le storie che vengono affrontati nel corso della pellicola che è impossibile parlare esaustivamente della trama in queste poche righe, sta di fatto che per quanto il film mi abbia preso, ho avuto delle difficoltà non indifferenti a rimanere concentrato sulla visione nel corso di tutte le cinque ore, che poi è anche lo stesso motivo per cui ho guardato il film in italiano e non in lingua originale - anche se sono ben lontano dall'essere un nazista della lingua originale quando guardo un film, in questo caso sarebbe stato praticamente impossibile -, ma siamo davanti ad un film in cui vengono mostrate tutte le contraddizioni dell'Italia di quegli anni, con una netta divisione non solo tra persone ricche e persone povere, ma anche tra chi poteva godere di determinati diritti e chi invece non ne avrebbe avuta la possibilità. É un film in cui Bernardo Bertolucci mette in mostra la sua partigianeria nel narrare le vicende del suo paese in quelli che sono stati con molta probabilità gli anni più bui della sua storia. É anche un film molto prolisso in cui però l'autore ha avuto la possibilità di narrarci, in modo anche emozionante e curato, le storie di molti personaggi senza tralasciare il loro background e la loro evoluzione a livello caratteriale. Un film sicuramente da vedere almeno una volta nella propria vita, ricordandosi di quando il cinema italiano era grandissimo e di quanto, negli ultimi anni, il ricambio generazionale sia, numericamente, molto molto limitato.

Commenti

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