Il buco di Galder Gaztelu-Urrutia (2019)



Spagna 2019
Titolo Originale: El Hoyo
Sceneggiatura: Galder Gaztelu-Urrutia
Durata: 94 minuti
Genere: Thriller


Andiamo pure avanti a dire cose come il fatto che Netflix uccida il cinema, intanto senza Netflix del film "Il buco", in originale "El hoyo", nessuno ne avrebbe sentito parlare. Presentato a Settembre dello scorso anno al Toronto Film Festival dove ha anche vinto il premio del pubblico, il film è stato poi portato a Torino e, proprio nel periodo delle presentazioni, acquistato da Netflix per la distribuzione internazionale. Fin da una lettura velocissima della trama e anche grazie a qualche consiglio da parte di blogger cinematografici che seguo o amici su Facebook ho avuto la sensazione che il film avesse tutte le carte in regola per costituire una di quelle visioni che fanno assolutamente per me, poi, lo scorso Venerdì, quando il film è uscito su Netflix, complice il fatto di dover passare le serate in casa per ovvie ragioni, ho deciso di sfruttare subito l'opportunità, rimandando la visione di un altro film che mi interessa parecchio come "Ultras". Regista del film, un thriller a tutti gli effetti che non è semplicemente un thriller, ma non saprei bene in quale filone inquadrare, forse il distopico è quello che gli si avvicina di più, è Galder Gatzelu-Urrutia, fino a qualche anno fa regista di cortometraggi, al suo primissimo lungometraggio, mentre il protagonista della pellicola è interpretato da Ivà Massaguè, con altri attori che gli ruotano attorno, in genere uno solo alla volta.
Goreng si sveglia accanto al vecchio Trimagasi, al quarantottesimo piano di una struttura in cui sembra essere entrato volontariamente. Quella in cui vive può essere considerata a tutti gli effetti una cella con un buco sul soffitto che permette di guardare al piano superiore ed uno che permette di guardare di sotto, senza però dare la possibilità di rendersi conto di quanto la struttura vada in profondità. Ogni giorno una tavola imbandita parte dal primo piano, si ferma su ogni piano il tempo necessario per permettere ai prigionieri di mangiare e poi scende progressivamente: chi si trova ai piani più alti ha la tavola piena, chi invece si trova a quelli più bassi si dovrà accontentare degli avanzi, se arriveranno. Il quarantottesimo piano è un buon piano, non sempre permette di scegliere il cibo che si vuole mangiare, ma si può comunque fare un pasto dignitoso. Ogni mese le tutti i prigionieri della struttura cambiano, in modo casuale, il piano in cui vivono, costringendo alcuni di loro ad un'estrema lotta per la sopravvivenza, soprattutto nel caso si dovessero trovare ad un piano molto basso.
Sì, forse il thriller distopico è la categorizzazione che più si avvicina a quello che vuole trasmettere questo film, una pellicola che sicuramente deve molto, pur prendendo tutta un'altra strada in seguito alla presentazione, a lavori come "Snowpiercer" o alla struttura sociale di "Hunger Games", con la differenza che in questa specie di prigione verticale la ruota gira per tutti e non pare esserci una vera regola, non si può mai sapere se la propria condizione possa migliorare o peggiorare da un mese all'altro. Sotto le vesti del thriller distopico il regista Galder Gatzelu-Urrutia riesce a creare un film sociale che critica non troppo velatamente il meccanismo di distribuzione delle ricchezze che vige nel mondo di oggi, per cui pochi eletti detengono buona parte delle ricchezze del mondo, lasciando una buona fetta della popolazione senza niente, a fronte di un'altra fetta che comunque può fare una vita dignitosa. La suddivisione in piani della prigione verticale e il modo in cui gli ospiti di questa prigione fanno uso del cibo che gli viene concesso è conseguenza ovvia di ciò che suggerisce il senso comune, che ad un certo punto il nostro protagonista tenterà di cambiare: chi sta ai piani superiori ha diritto di strafogarsi, pur sapendo che chi invece sta più sotto potrebbe morire di fame, così come chi è stato molto in basso, avendo rischiato di morire di fame, tenderà a strafogarsi una volta risalito in modo da recuperare dalle sofferenze subite.
Il regista di "Il buco" dirige un thriller dal ritmo serrato, con dialoghi sempre estremamente efficaci e con degli attori pressappoco sconosciuti che però offrono delle interpretazioni di altissimo livello recitativo, le inquadrature all'interno della singola cella sono quasi claustrofobiche, mentre impressionanti sono quelle che ci mostrano la profondità della prigione, non dando mai la sensazione allo spettatore di poter capire quanto si possa andare in fondo in questa prigione verticale. É secondo me quasi sotto tutti i punti di vista un film bellissimo, che tratta un tema attualissimo con un'originalità mai vista, presentando inoltre una colonna sonora che entra in testa per scandire i momenti più importanti. Non siamo davanti però, dal mio punto di vista, ad un film perfetto: a non convincermi appieno è stato proprio il finale, secondo me non proprio gestito benissimo e che mi ha dato quasi la sensazione di trovarmi davanti ad un film incompleto. Sia chiaro, a me i finali aperti stanno benissimo, ma quello di questo film, più che aperto, mi è sembrato proprio che mancasse di qualcosa, ma non escludo sia colpa mia che non ho colto la risoluzione della vicenda, nonostante pensi di aver inteso il messaggio che si voleva mandare. Il mio consiglio comunque è, ovviamente, quello di dare un'occasione a questo film, un vero e proprio gioiellino, messo alla disposizione degli spettatori da quell'assassino di cinema che è Netflix, che però, guarda caso, in questo periodo in cui l'industria cinematografica è per ovvi motivi ferma, un po' tutti stanno iniziando a benedire.

Voto: 8

Commenti

  1. Visto al Torino Film Festival e adorato, soprattutto ho amato alla follia il vecchio, maledetto ed infingardo come pochi!

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  2. Anche io dopo aver letto le prime righe del tuo post ho pensato a Snowpiercer. Ma non sarebbe stato meglio chiamarlo "I buchi?" visto che non ce n'è uno solo? Comunque sembra parecchio angosciante. Il fatto che una parte del cinema si stia trasferendo su Netflix non è un male, però spero che il cinema fisico rimanga a galla perché, santiddio, ci stiamo rinchiudendo sempre di più nelle nostre tane (una tendenza che stava iniziando anche prima di questo maledetto virus). Un abbraccio!

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  3. Condivido in tutto e per tutto la recensione di Alfonso, il film non è perfetto ma è senz'altro d'impatto, mi è piaciuto molto e mi sento di consigliarlo a tutti quelli che però non sono deboli di stomaco... Anche a me è piaciuto il finale aperto: come in The Cube, film che con questo ha molto in comune, non viene spiegato chi e perché rinchiuda la gente nella "fossa", e credo che questo sia un bene (infatti il sequel Hypercube, in cui si tentava di dare spiegazioni, è inguardabile). Una visione adatta ai nostri tempi e ai loro paradossi: mi ha colpito molto la ramanzina violenta dello chef al sottocuoco che ha malauguratamente lasciato cadere un capello in una delle portate, quando poco prima si era ben visto che i detenuti fanno volentieri la pipì sul cibo per far dispetto a quelli di sotto...

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