Okja di Bong Joon-ho (2017)


USA, Corea del Sud 2017
Titolo Originale: Okja
Regia: Bong Joon-ho
Sceneggiatura: Bong Joon-ho, Jon Ronson
Durata: 121 minuti
Genere: Drammatico, Fantascienza


Arriva a quello che sarà per ora il suo capitolo conclusivo - in realtà ho ancora qualche speranza di riuscire a recuperare "Peullandaseu-ui gae", il primo film che sembra essere quasi introvabile - il mio speciale dedicato a Bong Joon-ho, regista coreano che è di diritto entrato nella storia con la vittoria dell'Oscar per la migliore regia e quella per il miglior film con il suo "Parasite", primo film coreano a vincere miglior film e miglior film straniero. Per questo ultimo capitolo dello speciale è tempo di parlare di "Okja", pellicola presentata al Festival di Cannes nel 2017 e che è stata in qualche modo quella che ha fatto partire la non ancora conclusa polemica tra chi difende a spada tratta la sala, temendo come se fosse la bestia demoniaca lo streaming e chi invece - e vedendo cosa sta succedendo in questi ultimi mesi forse aveva pure ragione - difende lo streaming. La mia opinione un po' la sapete: se penso che un film meriti e lo attendo moltissimo e ne ho la possibilità, vado in sala e lo avrei fatto anche con "The Irishman" se non fosse stato proposto ad orari indecenti in un comune nemmeno troppo vicino al mio, considerando anche che il film dura tre ore e mezza, ma a volte lo streaming può essere una fonte che media anche le necessità di chi in sala, anche per motivi lavorativi come il sottoscritto, non può andarci in qualsiasi giorno della settimana perchè deve anche pensare a rimanere sveglio in ufficio il giorno dopo. Mi fa un po' strano però che un film pensato per la sala, in condizioni normali, venga distribuito esclusivamente in streaming senza passare per la sala, un po' come accaduto con questo "Okja", anche se in realtà la cosa sembra essere stata fatta venendo meno agli accordi tra il regista e il distributore che ha poi deciso di portarlo esclusivamente in streaming su Netflix. Siamo inoltre davanti al secondo film girato negli Stati Uniti da parte di Bong Joon-ho, che ancora una volta, proprio come con "Snowpiercer" mescola un cast statunitense ad un cast coreano, in cui spiccano in modo particolare la protagonista, interpretata da Ahn Seo-hyun, mentre altri interpreti sono Tilda Swinton, ancora una volta in un doppio ruolo, Paul Dano, Jake Gyllenhaal, Lily Collins e Giancarlo Esposito.
Il film inizia nel 2007, quando Lucy Mirando diventa la presidentessa della Mirando Corporation, una multinazionale che annuncia di aver scoperto una nuova razza di maiale gigante. L'obiettivo della donna è quello di sostituire la sorella, colpevole del decadimento, sia a livello economico sia a livello di immagine, dell'azienda, ma anche quello di consegnare degli esemplari della nuova razza di maiale gigante scoperta a ventisei persone sparse per il mondo e, nel giro di dieci anni, il tempo necessario all'allevamento dell'esemplare, riconvocarli per un concorso di bellezza. Dieci anni dopo il maiale gigante meglio allevato risulta essere Okja, cresciuto da Mija e dal nonno nelle campagne della Corea del Sud e viene eletto come il vincitore da mettere in mostra a New York. Presto si scopre però che l'obiettivo della Mirando Corporation è quello di riappropriarsi del maiale, in questo caso un esemplare femmina, per condurre degli esperimenti su di lei: in questo scenario entra in gioco un gruppo di persone appartenenti al Fronte Liberazione Animali, che cercano di accordarsi con Mija in modo che Okja venga comunque consegnata alla Mirando, in modo da poter in qualche modo entrare nel luogo dove gli esperimenti verrebbero condotti e fare in modo che l'allevamento intensivo a cui vengono sottoposti venga smascherato.
Non so bene per quale motivo, ma nell'estate del 2017, quando il film venne reso disponibile su Netflix non troppo tempo dopo la presentazione al Festival di Cannes, non sono riuscito a vederlo subito, nonostante mi interessasse particolarmente. Tra una cosa e l'altra poi l'interesse verso la pellicola è scemato fino a questo punto in cui, praticamente, per concludere lo speciale su Bong Joon-ho, sono stato "costretto" a guardarlo. Sul regista e sulla sua bravura a livello tecnico se ne sono dette di ogni, sarebbe quasi inutile ripetersi e, anche in questo caso, con "Okja" ci troviamo davanti ad un film molto bello, che viene costruito dando il tono di una specie di fiaba in cui l'atto iniziale, quello di presentazione della vicenda, è idilliaco, ha colori molto accesi e un tono molto spensierato, finchè le cose poi non crollano nel secondo atto fino a farsi più cupe. All'epoca dell'uscita ricordo che in non pochi avessero in qualche modo frainteso il messaggio che volesse mandare il film: alcuni vegani lo hanno preso come pellicola di propaganda vegan, così come alcuni carnivori convinti lo hanno interpretato come un film di propaganda vegan, dimostrando che spesso e volentieri, quando troppe persone messe insieme non fanno mezzo cervello - e in questo mondo credo che il rapporto cervelli-persone sia abbastanza basso alla luce di come girano determinate opinioni e anche di alcuni avvenimenti recenti - il rischio di dire stronzate sia molto molto vicino al cento per cento. In realtà poi sarebbe bastato guardarlo bene fin dall'inizio per capire che il film non facesse propaganda vegana, dato che la protagonista, per rispetto della sua cultura, si scofana un pesce appena pescato nella primissima scena, un comportamento in piena linea con la filosofia vegana eh. In realtà il film vuole essere una specie di denuncia di tutti quegli allevamenti intensivi in cui viene prodotta carne e in cui gli animali vengono tenuti in condizioni abbastanza discutibili e la cosa oltre ad essere disumana per l'animale, rappresenterebbe un rischio anche per chi la carne se la mangia, visto che poi la qualità del prodotto mette a rischio la salute di chi mangia quella carne. Un'altra cosa che non ho ben capito è come mai, leggendo molte opinioni, si creda che il film abbia un finale positivo: se per voi quel finale lì - che in realtà è positivo solo riguardo ad un aspetto della narrazione - è un finale positivo beh, per me c'è qualche problema.
Ho trovato inoltre durante la visione che praticamente tutti i personaggi che entrano in gioco all'interno della vicenda siano ben costruiti e abbiano quasi tutti delle caratteristiche che li rendono particolarmente interessanti, a partire dalla protagonista Mija interpretata dalla piccola Ahn Seo-hyun, che all'epoca aveva solo tredici anni, ma era già estremamente brava, fino ad arrivare ad una Tilda Swinton come al solito perfetta nel doppio ruolo delle gemelle Lucy e Nancy Mirando, fino ad arrivare ad un Jake Gyllenhaal che interpreta Johnny Wilcox dottore decaduto con un carattere decisamente sopra le righe, che conduce gli esperimenti sui super maiali, così come anche Paul Dano, anche se meno incisivo, nei panni del capo del gruppo del Fronte Liberazione Animali funziona particolarmente bene. Il ritmo narrativo è ancora una volta ben gestito soprattutto nella prima parte e nella parte finale, mentre ho trovato un rallentamento, anche se non pesante, ma che stona un po', nella parte centrale. Alla fine però "Okja" pur essendo ambientato nei giorni nostri, risulta essere un film che sembra quasi portarci in un futuro distopico, in cui si arriva a produrre in laboratorio animali che potrebbero poi essere usati come cibo e che funziona particolarmente bene sia come film di denuncia, sia come film che vuole raccontare una specie di fiaba, con dei protagonisti e degli antagonisti ben definiti e comunque sempre ben caratterizzati.


Commenti

  1. Per essere il film americano su commissione, a me è piaciuto, avercene di film minori così. Un favola ecologista ma senza il buonismo fiabesco. Cheers!

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  2. Tra alti e bassi Bong Joon-ho è una garanzia di qualità a giudicare dalla tua rubrica sul regista (che sto seguendo con molto interesse)

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  3. Vorrei recuperarli, compreso questo, prima di vedere Parasite, peccato che su Sky lo daranno a Maggio, non posso aspettare di più ;)

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  4. Anche io come te non considero Okja come un manifesto politico di questa o quella filosofia dietetica, ma piuttosto una favola cupa ma piena di buoni sentimenti con un finale dolceamaro.
    Mi hanno lasciata perplessa i toni di alcune parti, in bilico tra parodia e farsesco, ma per il resto l'ho apprezzato.

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