The Irishman di Martin Scorsese (2019)



USA 2019
Titolo Originale: The Irishman
Sceneggiatura: Steven Zaillian
Durata: 209 minuti
Genere: Drammatico


Dopo un paio di settimane in cui rimando la visione di "The Irishman", ultima fatica di Martin Scorsese che, mio malgrado, non sono riuscito ad andare a vedere al cinema quando lo hanno proiettato - tenete la parentesi aperta su questa questione perchè ci ritorniamo - sono finalmente riuscito, nel weekend che ho ancora una volta passato a casa per recuperare al meglio dalla settimana in cui sono stato malato, a trovare le tre ore e mezza consecutive per vedermi il film su Netflix, che ha finanziato e distribuito l'ambiziosissimo progetto in tutto il mondo. Arrivato sulla piattaforma a fine Novembre, il film era stato mandato nei cinema italiani, una sessantina in tutto il paese, inizialmente per solo tre giorni, da Lunedì 4 Novembre fino a Mercoledì 6 ad orari abbastanza proibitivi per qualunque lavoratore e soprattutto, non essendo nemmeno in tutti i cinema italiani, in cinema che per me si trovano ad una distanza non dico proibitiva, ma a cui ci vado praticamente solo per eventi particolari, essendo quella dell'Arcadia di Melzo una delle sale più acclamate d'Italia per quanto riguarda la qualità della proiezione e dell'audio. Successivamente la proiezione nelle sale, complice anche un discreto successo dell'iniziativa - negli Stati Uniti il film è stato come è ovvio portato in sala per un certo periodo per essere candidabile agli Oscar - è stata prolungata per qualche giorno, con un'ulteriore diminuzione del numero di sale che lo proiettavano, ma sempre ad orari piuttosto bastardi, ma comprensibili per un film che dura, appunto, tre ore e mezza, penso sia uno dei film più lunghi prodotti negli ultimi anni per il grande pubblico. Ho dovuto dunque mio malgrado attendere prima che venisse pubblicato su Netflix e poi, ulteriormente, di trovare le famose tre ore e mezza necessarie per la visione, il che escludeva inesorabilmente tutte le sere in settimana - a meno di non andare a letto tra l'una e le due, cosa che se voglio programmare in Java il giorno dopo senza far partire razzi che dichiarino guerra alla Cina è meglio non fare -, ma anche praticamente tutti i weekend precedenti, in cui ho sempre avuto qualcosa da fare che mi avrebbe impedito di guardare il film tutto di seguito, purtroppo la mia mente si rifiuta di vedere un film in due parti - se mi interrompo è perchè proprio il film mi fa schifo e non lo riprendo - e ha rifiutato ancora di più quei consigli, forse provocatori, forse specchio di tempi in cui siamo disposti a guardarci di seguito settordici episodi da cinquanta minuti di una serie TV, ma non siamo disposti a prestare attenzione, per tre ore e mezza di seguito, allo stesso film, che spiegavamo come dividere la pellicola in quattro parti come se fosse una miniserie televisiva.
Martin Scorsese è da me regista molto apprezzato, del quale ancora mi mancano alcuni cult assoluti come "Quei bravi ragazzi", "Toro scatenato" o "Re per una notte", ma che ho letteralmente adorato in film come "Taxi Driver", "Casinò", "Gangs of New York", "The Departed" e "The Wolf of Wall Street". Nell'ultimo periodo forse il regista non è ben visto dalle major cinematografiche, complice forse il flop parecchio tonante di "Silence", film cui il regista lavorava praticamente da ventisette anni e che ammetto essere stata una delle visioni più faticose della mia vita, per quanto in fin dei conti si fosse rivelato un bellissimo film. Per realizzare questo "The Irishman" viene contattato dal Robert De Niro, che qui interpreta il protagonista Frank Sheeran, che gli fa conoscere il romanzo d'inchiesta "L'irlandese. Ho ucciso Jimmy Hoffa", scritto da Charles Brandt. Memore di essere entrato nella storia del cinema gangster grazie alle sue pellicole, il romanzo lo colpisce particolarmente e decide dunque di girarne una trasposizione con protagonista lo stesso attore, andando a cercare soldi per produrre il film a destra e a manca, con molte porte che gli vengono sbattute in faccia. Una scelta economicamente comprensibile, visto anche il flop del suo ultimo film e vista soprattutto l'ambizione di un progetto che forse, nei cinema di tutto il mondo, non avrebbe ripagato dei soldi spesi, alla fine più di centocinquanta milioni di bei dollaroni. Entra dunque in gioco Netflix, che è risaputo essere "la morteh del cinemih!!1!uno!undici!!", e ci mette i suoi bei soldi per produrre il film. Ora, come Netflix ci guadagni nel mettere in atto queste operazioni non è praticamente ben chiaro a nessuno e sono questioni in cui forse è meglio non entrare, sta di fatto che laddove nessuno aveva avuto voglia di investire, ripeto, comprensibilmente per quanto Scorsese sia un maestro assoluto del cinema, Netflix ci ha messo le banconote e i bonifici e alla fine chiunque, chi è stato più fortunato e ha voluto al cinema, altri invece a casa propria, è riuscito a vedere "The Irishman". Nel film, oltre a Robert De Niro, abbiamo attori storici come Joe Pesci, Al Pacino e Harvey Keitel, affiancati ad altri più giovani come Bobby Cannavale, Jesse Plemons e Anna Paquin - che a sorpresa, visti i ricordi non positivi che ho dell'attrice grazie a "True Blood", interpreta uno dei personaggi più rappresentativi ed efficaci dell'intera vicenda.
Frank Sheeran, ormai vecchio e ricoverato in una casa di cura, racconta la sua vita come sicario della mafia. La sua carriera nella criminalità inizia negli anni cinquanta, periodo in cui guidava i camion per la consegna di imballaggi di carne, vendendone illegalmente dei pezzi a Skinny Rasoio, un gangster locale. In seguito all'arrivo di un carico completamente vuoto, viene accusato di furto dall'azienda per cui lavora, ma viene completamente scagionato dalle accuse grazie all'avvocato Bill Bufalino, che lo fa assolvere ringraziandolo del fatto di non aver fatto nomi sulle persone che compravano illegalmente i suoi carichi di carne. Bill presenterà poi Frank a suo cugino Russell, capo della famiglia criminale dei Bufalino, iniziando a fare per lui diversi lavori a sfondo criminale, compresi anche alcuni omicidi. La sua conoscenza con Russell Bufalino lo porterà anche a conoscere Jimmy Hoffa, presidente di un sindacato che ha legami finanziari con la famiglia criminale e sta conducendo una lunga trattativa con Anthony Provenzano, affiliato alla famiglia Genovese. Hoffa stringerà con Frank un profondo rapporto di amicizia che porterà Frank a diventare anche sua guardia del corpo personale, avvicinandosi molto anche a Peggy, la figlia di Frank.
"The Irishman", dal punto di vista cinematografico, rappresenta un po' quella che potrebbe essere, per Martin Scorsese, la sua summa cinematografica in quanto porta sullo schermo quelle che sono le tematiche più care al regista in un film di tre ore e mezza che molto deve, anche come stile, a "C'era una volta in America", con una durata apparentemente proibitiva che però scorre senza mai annoiare e senza particolari problemi. Il modo in cui vengono sfruttati i tre attori principali della pellicola è pazzesco: da una parte Robert De Niro dimostra per la seconda volta quest'anno, dopo il suo ruolo in "Joker", di essere tornato su ottimi livelli recitativi, Joe Pesci non recitava al cinema dal 2010, torna sotto la direzione di Scorsese e porta sullo schermo un personaggio molto caratteristico, interpretandolo in maniera ottima, Al Pacino non lo vediamo sullo schermo a recitare seriamente da ormai qualche anno, in questo film è invece in totale stato di grazia, il suo Jimmy Hoffa è uno dei personaggi più controversi dell'intero film, sfrontato e spavaldo, da una parte non si fa problemi ad andare contro gli esponenti mafiosi con cui entra in contatto, ma sa di avere le spalle coperte dalla famiglia Bufalino, con cui i rapporti economici sono molto strategici. "The Irishman" è un'epopea che ci racconta trent'anni pieni della storia americana in cui il ringiovanimento degli attori in computer grafica risulta essere ben realizzato ed estremamente realistico. Ma non era meglio far interpretare De Niro da giovane a qualcun altro? Personalmente penso che avesse poco senso e avrebbe creato solamente più confusione, poi se si ha una tecnologia a disposizione ed i mezzi per utilizzarla non vedo perchè non farlo, soprattutto se ha senso - non come quando si vuole riportare in vita i morti come con James Dean, quello davvero non ha senso e, personalmente, mi fa anche un po' paura.
Dal punto di vista tecnico "The Irishman" è un film estremamente notevole, la regia di Martin Scorsese si attesta su livelli altissimi, vi è un grande uso del piano sequenza, espediente tecnico che mi fa sempre diventare matto per quanto complesso da realizzare, e la fotografia è estremamente curata ed elegante, così come la colonna sonora, forse non indimenticabile, ma sicuramente di altissimo livello e ottimo accompagnamento sonoro alle immagini che vediamo sullo schermo. Nota positiva per il personaggio di Peggy Sheeran, interpretata da Anna Paquin, personaggio che nel corso del film non parla praticamente mai, ma è importantissimo per capire anche la componente umana del protagonista Frank, cui è legato il suo unico rimorso, ovvero il fatto di aver perso qualsiasi possibilità di avere un rapporto con lei a causa della sua attività criminale. L'espressività dell'attrice nelle scene in cui è presente è sufficiente a far capire allo spettatore quanto il personaggio si stia il più possibile distaccando da suo padre, un processo che comincia ad avvenire già quando è bambina, interpretata da Lucy Gallina, e non sopporta le attenzioni di Russell, che vuole in qualsiasi modo farsi volere bene da lei, ma comincia anche a distaccarsi dal suo stesso padre, del quale pare non sopportare quelli che sono i risvolti del suo lavoro.
Insomma, nonostante le tre ore e mezza della sua durata, "The Irishman" è un film che non stanca e che rappresenta al cento per cento quella che è sempre stata l'idea di cinema di Martin Scorsese. Un film splendido da guardare tutto d'un fiato, senza farsi condizionare a priori dalla sua durata, per molti a quanto pare proibitiva anche se, così come vi guardate cinquecentodue episodi di serie TV al giorno di seguito, non vedo quale sia la differenza nel guardare un film che dura più di un'ora e venti.

Voto: 9

Commenti

  1. L’ultima mezz’ora è da antologia, ma anche le tre ore prima non scherzano, sopra tutte le polemiche sterili e inutili che lasciano il tempo che trovano, zio Martino ci ha regalato un altro gran film ;-) Cheers

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