La casa di Jack di Lars Von Trier (2018)



Danimarca, Svezia, Francia, Germania 2018
Titolo Originale: The House that Jack Built
Regia: Lars Von Trier
Sceneggiatura: Lars Von Trier
Cast: Matt Dillon, Bruno Ganz, Uma Thurman, Siobhan Fallon Hogan, Sofie Gråbøl, Riley Keough, Jeremy Davies, Jack McKenzie, Mathias Hjelm, Ed Speleers, Marijana Jankovic, Carina Skenhede, Rocco Day, Cohen Day, David Bailie
Durata: 155 minuti
Genere: Thriller, Drammatico


Non è passato poi tanto tempo dall'uscita de "La casa di Jack" al giorno in cui mi sono recato al cinema a vederlo: solamente due giorni e spesso e volentieri mi capita di guardare i film al cinema con un certo ritardo. Con questo però ho voluto correre, bruciare le mie consuete tappe e godermelo subito, sai mai che, visto che il grande pubblico questa pellicola non se la calcolerà di striscio, lo tolgano dalla programmazione all'improvviso. Con Lars Von Trier è ormai ben noto che le mezze misure non esistano, ogni suo nuovo film o lo si trova talmente bello da fartelo amare ancora di più, oppure fa talmente schifo che si conferma il proprio odio, il risultato è che alla fine sia chi lo ama sia chi lo odia va a vedere il suo nuovo film, sono solo quelli che gli sono indifferenti che poi va a finire che non se lo guardano. Con Lars Von Trier poi le polemiche sono sempre di casa: ormai arcinote sono le sue frasi che lo hanno fatto espellere dal Festival di Cannes prima della presentazione di "Melancholia" che lo hanno fatto passare per un nazista, così come le discussioni nate dopo l'uscita di "Nymphomaniac" (qui le mie recensioni del volume uno e del volume due). "La casa di Jack" non è stato da meno: i giornalisti a Cannes si sono divisi in due fazioni, quelli che sono usciti dalla sala senza completare la visione e quelli che, arrivati alla fine, hanno sinceramente applaudito l'opera del regista. Ora io l'ho detto a più riprese: cosa può aver capito del film uno che è uscito dalla sala dopo quindici minuti tanto da spingere qualche spettatore a fidarsi di lui? Mi fido ovviamente di più di chi il film lo ha visto per intero e se anche quelle persone lo avessero spernacchiato all'unanimità mi sarei iniziato a preoccupare. Inoltre, alla luce della visione ormai avvenuta, mi chiedo veramente cosa, nei primi quindici minuti del film, possa aver spinto degli spettatori ad abbandonare la sala? Di preciso, davvero me lo sto chiedendo, cosa, dato che non succede nulla di particolarmente eccessivo in quel lasso di tempo? Ecco, provo a spiegarglielo io con cinque parole: il giudizio per partito preso, non può essere proprio altro. Passiamo poi al fatto che in Italia la versione doppiata sarebbe arrivata con una censura: giù le bordate di fischi per la casa produttrice, "Videa", che in qualche modo riesco anche a condividere dal punto di vista concettuale. Però un polverone del genere per un minuto e mezzo scarso di film che non condiziona per nulla la storia che viene narrata mi sono sembrati un po' eccessivi.
"La casa di Jack" viene narrato dalla voce fuori campo dello stesso protagonista, che interagisce con un interlocutore misterioso - ecco, una delle foto più famose del film un po' fa intuire chi possa essere questo interlocutore, dipende solo se il collegamento mentale che avete fatto vedendo quell'immagine è quello più ovvio - narrandogli la sua carriera da serial killer suddividendola in cinque incidenti, avvenuti tutti negli ultimi dodici anni. Jack, interpretato da Matt Dillon, è un ingegnere che ha sempre sognato di diventare un architetto - da ingegnere ve lo dico: pura fantascienza - affetto da disturbi ossessivo-compulsivi soprattutto riguardo la pulizia che, dopo aver compiuto il suo primo omicidio, si sente convinto di dover continuare ad uccidere, per perfezionare la sua tecnica e per compiere degli omicidi sempre più perfetti, che possano essere assimilati per ingegno ad una vera e propria opera d'arte. Sullo sfondo delle vicende da lui narrate rimane la costruzione della casa dei suoi sogni, su un terreno di sua proprietà, che accompagna gli anni della sua carriera omicida, seguendo anche l'evoluzione delle sue ossessioni.
Non ho visto tutti i film diretti da Lars Von Trier - mi manca, ad esempio, "Le onde del destino" su cui prima o poi rimedierò, promesso - ma quelli che ho avuto modo di vedere mi sono piaciuti tutti da matti. Questo poi ha una struttura narrativa talmente simile a "Nymphomaniac" - che avevo amato, soprattutto nella sua prima parte - che non ho proprio potuto fare a meno di amare. La regia è abbastanza minimale, segue in maniera quasi ossessiva il protagonista Jack e ricordo veramente poche inquadrature in cui Matt Dillon non sia presente, anche solo in un angolino dello schermo. Bellissime le riprese con la telecamera a mano, così come alcune inquadrature dall'alto veramente spettacolari, ma soprattutto pazzesca la sceneggiatura, scritta in un modo per cui la narrazione degli eventi fatta dalle due voci fuori campo del protagonista e dell'interlocutore, che scopriremo essere interpretato da un ottimo Bruno Ganz - probabilmente l'ultimo film in cui lo vedremo, a meno di eventuali altre uscite postume -, diventa talmente avvolgente da risultare quasi più interessante delle immagini, toccando a volte anche temi molto scomodi e provocatori. Non so bene poi quale sia il motivo, ma io adoro questo modo di fare del regista di spiegare a volte attraverso schemi, fotografie, proiezioni in movimento ciò che sta spiegando il protagonista a voce, è proprio una cosa che mi fa impazzire. Una cosa che, tanto per fare un esempio, fa anche Adam McKay nei suoi ultimi film, con ritmi molto diversi - i due registi hanno ovviamente ritmi molto diversi tra loro nei loro film - ma comunque un esempio secondo me abbastanza calzante.
Matt Dillon è perfetto per tutto il film, roba che il concetto del partito preso che ho espresso all'inizio del post si può applicare tranquillamente anche agli Oscar e a chi ha deciso di non candidarlo come miglior attore protagonista - ma vabbeh, candidare il film di un "nazista" come Lars Von Trier agli Oscar è troppo persino per essere concepito - così come è efficace anche la breve comparsa di Uma Thurman e il finale in cui è presente Bruno Ganz non solo come voce fuori campo. Efficacissimi a livello narrativo tutti i dialoghi che vanno ad affrontare anche temi scomodi e a volte anche disgustosi, ma questo è il regista, lo devi prendere così come si presenta senza fare troppe storie, e veramente azzeccato l'epilogo [SPOILER] dalle pieghe dantesche [FINE SPOILER], molto simbolico e anche carico di tensione. "La casa di Jack" è dunque un Lars Von Trier allo stato puro, uno dei film che mi ha più colpito tra quelli visti da un annetto a questa parte, che consiglierei di vedere a chiunque, anche perchè, alla fin fine, non mi è sembrato poi nemmeno così esageratamente violento.

Voto 9

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