I FAKE REWATCH DI NON C'É PARAGONE #3 - Miracolo a Milano di Vittorio De Sica (1951)

"Oh ma, ti ricordi quella scena in "Miracolo a Milano"? Quella in cui i militari vogliono invadere il villaggio con le ruspe, che sembra quasi che Salveenee abbia preso ispirazione da quel film?"
"Se vabbeh, sto film chi è che se lo ricorda dai..."


Italia 1951
Titolo Originale: Miracolo a Milano
Regia: Vittorio De Sica
Sceneggiatura: Cesare Zavattini, Vittorio De Sica
Cast: Emma Gramatica, Francesco Golisano, Paolo Stoppa, Guglielmo Barnabò, Brunella Bovo, Anna Carena, Alba Arnova, Flora Cambi, Virgilio Riento, Arturo Bragaglia, Erminio Spalla, Riccardo Bertazzolo, Angelo Prioli, Francesco Rissone
Durata: 100 minuti
Genere: Commedia


Per quanto riguarda il terzo episodio della rubrica sui fake rewatch del sottoscritto, mi tocca iniziare subito con una confessione, anche se, per uno che non ha mai studiato cinema, ma lo ha vissuto solamente come appassionato, non penso sia una cosa poco comune: non ho mai visto un film diretto da Vittorio De Sica, non ho mai avuto la voglia di cimentarmi, per conto mio, con film appartenenti alla corrente del Neorealismo italiano con il quale le distanze, rispetto al cinema che affronto di solito, sono innumerevoli. La possibilità datami dall'associazione di cui faccio parte, che si occupa anche di organizzare il cineforum nel mio paese, di affrontare ogni tanto la visione di importanti classici della storia del cinema - ho avuto modo di vedere "Casablanca", che però avevo già visto - guidata da un critico cinematografico in modo da averne una panoramica completa, ho deciso di coglierla al volo anche per affrontare un tipo di visione decisamente diverso rispetto a ciò cui siamo abituati in questa epoca e a ciò cui sono personalmente abituato.
Tratto dal romanzo "Totò il buono" di Cesare Zavattini - dal quale prima della visione sono stati letti alcuni brani per poter analizzare testo scritto e sua trasposizione cinematografica - il film è strutturato come una favola in cui il protagonista Totò, interpretato da Francesco Golisano, sogna un mondo in cui "buongiorno voglia dire davvero buongiorno", facendo amicizia con persone di ogni tipo e ogni estrazione sociale, per lo più umili, poveri e a tratti anche analfabeti con i quali si troverà a vivere in un accampamento che viene minacciato da un grande imprenditore che, scoperta l'esistenza di un giacimento di petrolio al di sotto di esso, mira ad appropriarsene per incrementare i suoi guadagni. Aiutato dalla madre adottiva, scesa dal Paradiso per consegnargli una colomba miracolosa rubata agli angeli del cielo, Totò farà di tutto per aiutare le persone con cui vive, con le quali ha iniziato a stringere uno stretto rapporto di amicizia e complicità.
Girato molto vicino alla stazione di Lambrate nel 1950 - fa impressione come la zona settant'anni fa fosse circondata dal nulla, mentre ora hanno costruito moltissimo -, ciò che subito mi ha colpito durante la visione del film è stata la sua struttura narrativa, totalmente diversa rispetto a ciò cui sono abituato, come già detto: soprattutto nelle battute iniziali della pellicola mi è risultato difficile comprendere come la trama si sarebbe potuta evolvere, dato che alcune scene sembrano susseguirsi senza che il regista si preoccupi particolarmente di spiegare quale sia il collegamento tra esse. I dialoghi tra i diversi personaggi in scena poi - buona parte di essi interpretati, come vuole la corrente neorealista, da attori presi direttamente dalla strada - avvengono con una tale naturalezza che spiazza uno spettatore poco allenato come me. La situazione per quanto riguarda il mio approccio al film - comunque splendido per i suoi contenuti - migliora sensibilmente nella seconda parte, in cui l'obiettivo dei nostri protagonisti diventa sempre più chiaro e la narrazione comincia ad avere una struttura ben definita, molto più convenzionale rispetto alla parte introduttiva.
A sorprendere ancora una volta guardando questi grandi classici è quanto questi possano risultare attuali: quelli che nel 1951 erano i poveri abitanti della Milano del secondo dopoguerra, che vivevano in baracche e che rischiano di essere cacciati dalle proprie abitazioni da un imprenditore senza scrupoli ricordano, nemmeno troppo vagamente, altre situazioni che si ripetono ancora oggi verso altre categorie di persone. Bellissimo è poi la costruzione fiabesca della vicenda che ci presenta un personaggio estremamente positivo ed ottimista in un contesto in cui tutte le persone che lo circondano, nonostante la condizione di vita non sia delle più felici, sono ottimiste e genuine come lui, forse eccessivamente, soprattutto se il film viene visto con gli occhi della nostra epoca. La forte contrapposizione tra poveri e ricchi funziona soprattutto per il ribaltamento dei ruoli societari e per come questi vengano messi in scena soprattutto per quanto ne riguarda la loro moralità. Con un finale trionfale - che ha anche ispirato Steven Spielberg nella realizzazione della scena del volo sulla bicicletta in "E. T." - il (dis)ordine e la felicità di tutti sono ristabiliti e la fiaba può finire con il più classico dei lieti fini.

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