The Dirt: Mötley Crüe di Jeff Tremaine (2019)
USA 2019
Titolo Originale: The Dirt: Mötley Crüe
Regia: Jeff Tremaine
Sceneggiatura: Tom Kapinos, Rich Wilkes, Amanda Adelson
Cast: Douglas Booth, Trace Masters, Vince Robert Mattis, Iwan Rheon, Richard Colson Baker, Daniel Webber, Pete Davidson, David Costabile, Leven Rambin, Kathryn Morris, Rebekah Graf, Tony Cavalero, Max Milner, Jordan Lane Price, Christian Gehring, Anthony Vincent Valbiro, Kamryn Ragsdale, Iris D'Aquin, Lyra D'Aquin, Courtney Dietz, Joe Chrest, Elena Evangelo, Michael Hodson
Durata: 108 minuti
Genere: Biografico, Musicale
Dopo l'enorme e inaspettatissimo - leggete del sarcasmo in questa parola - successo di "Bohemian Rhapsody", il biopic su Freddie Mercury e sui Queen in cui il protagonista veniva visto come un supereroe - come direbbe Federico Frusciante, manco fosse un film della Marvel - la nuova frontiera cinematografica pare essere quella dei biopic musicali. In attesa di vedere quello su Elton John in arrivo tra non molto nei nostri cinema e quello su David Bowie senza le canzoni di David Bowie - operazione che avrebbe lo stesso senso che guardarsi la finale del mondiale di calcio in cui le squadre giocano senza pallone - arriva su Netflix "The Dirt: Mötley Crüe", il biopic dedicato, manco a dirlo, ai Mötley Crüe, una delle band che hanno sdoganato al mondo il glam metal nella sua concezione più trasgressiva ed irriverente. Ammetto sin dall'inizio di non essere mai stato nè fan nè grande ascoltatore dei Mötley Crüe, conoscevo giusto qualche canzone importante come "Shout at the Devil", "Kickstart My Heart" e "Dr. Feelgood", però l'idea di vedere un biopic con del "sano" rock 'n roll mi ha subito mandato giù di testa, quindi mi sono cimentato nella visione, con la speranza di scoprire qualcosa di più su un gruppo che personalmente non potevo dire di conoscere.
Il film inizia con l'abbandono della madre da parte di Frank Carlton Feranna Jr., che dopo anni di abusi subiti dai vari patrigni decide di allontanarsi da lei e di cambiare il suo nome, nel 1980, in Nikki Sixx, interpretato da Douglas Booth. Dopo aver litigato con i membri della sua vecchia band, egli incontra il batterista Tommy Lee, interpretato da Richard Colson Baker, con il quale decide di fondare una nuova band. Presto si uniranno a loro anche il chitarrista Mick Mars, interpretato da Iwan Rheon, e il cantante Vince Neil, interpretato da Daniel Webber. La nuova band formatasi si chiamerà Mötley Crüe e dopo gli inizi non certo facili comincerà a fare la storia del rock e della scena glam metal mondiale. Nel film, oltre che la componente musicale, viene narrata anche la vita di eccessi dei componenti della band, tutti con forti dipendenze da droghe e alcolizzati.
Impossibile, a così pochi mesi di distanza, non fare un confronto con il grande successo di "Bohemian Rhapsody", valso anche un Oscar come miglior attore protagonista a Rami Malek, soprattutto per quanto riguarda il punto di vista cinematografico, dato che farlo a livello musicale, soprattutto a livello di influenza sulle masse delle due band, pare quanto meno impietoso ed impossibile. Innanzitutto "The Dirt: Mötley Crüe" è giustamente incentrato su tutti i componenti della band, non cè un unico protagonista della vicenda e tutti e quattro i membri principali del gruppo vengono esplorati a dovere, sia caratterialmente sia musicalmente. In secondo luogo il tono della pellicola, vista l'aura di trasgressione e di eccessi che si è creata attorno ai Mötley Crüe, è molto più da commedia, con nessuno dei personaggi che viene santificato sull'altare della bontà incondizionata, ma anzi, qualche comportamento discutibile dei suoi membri, seppur messo in scena in un modo che sembra voler far ridere, viene anche condannato. Ne viene fuori un ritratto della band interessantissimo in cui, a livello cinematografico, si gioca molto bene con stratagemmi quali lo sfondamento della quarta parete e una narrazione in cui viene a volte detto in faccia allo spettatore quanto appena visto potrebbe non corrispondere esattamente a quella che fu la realtà dei fatti.
Mentre "Bohemian Rhapsody" finiva per essere incentrato sulla figura del cantante dei Queen, riuscendo a mettere al centro della vicenda la colonna sonora e le musiche che tutti conosciamo, in questo film la componente musicale sembra passare un po' in secondo piano: ci sono delle scene tratte da concerti e le canzoni proposte sembrano essere ancora una volta l'occasione per fare uscire un nuovo greatest hits della band - che poi, cosa c'è di male nei greatest hits, dato che dovrebbero essere le canzoni migliori e più famose di una band? - già disponibile tra l'altro su Spotify, ma viene quasi totalmente meno quello che è il processo creativo dei brani che hanno reso famosi i Mötley Crüe, concentrandosi principalmente sulla vita dei protagonisti fuori dal palco, ma spesso e volentieri addirittura fuori dal proprio lavoro. Non mancano però anche momenti seri, come le difficoltà di Nikki Sixx nel parlare di sua madre, o l'incidente occorso a Vince Neil in cui perse la vita il chitarrista Razzle, o la morte della figlia del cantante per un cancro allo stomaco. La pellicola finisce temporalmente poco prima della pubblicazione di "Dr. Feelgood" e paiono mancare alcune parti importanti della vita della band, come la faida con i "Guns 'n Roses" - di cui, qui lo dico e qui non lo nego, sono ancora meno fan rispetto ai Mötley Crüe - e tutti gli anni novanta, però siamo davanti ad un film molto interessante, che sa come coinvolgere dall'inizio alla fine e sa quali corde toccare per emozionare e per far interessare al pubblico, una volta terminata la visione, anche alla componente più strettamente musicale.
Voto: 7
Non li conosco proprio, ma mi attira!
RispondiEliminaForse un po' più di musica e processo creativo li avrei voluti, se non altro per sapere e ricordarmi le loro canzoni. Però c'han giocato bene, ci si diverte, ci si appesantisce solo un po' nel finale e il risultato male non è.
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