John Rambo di Sylvester Stallone (2008)


USA, Germania 2008
Titolo Originale: Rambo
Sceneggiatura: Art Monterastelli, Sylvester Stallone
Durata: 99 minuti
Genere: Azione, Guerra


Venti anni dopo l'uscita di "Rambo III", con Sylvester Stallone che aveva contribuito in maniera fondamentale al successo della saga, questa sembrava essere ormai abbandonata al suo destino, soprattutto per quanto riguarda i progetti dell'attore. Complice però il successo di "Rocky Balboa", altro film revival che riportava in scena un personaggio che aveva dato grande successo e lustro all'attore, si decide di riportare in vita anche il personaggio di Rambo, dopo che questo era stato praticamente abbandonato. Appare abbastanza chiaro quanto, rispetto al suo altro personaggio di successo, quello di John Rambo non fosse proprio il più amato da parte di Stallone, forse perchè quello meno suo, nato dalla penna di un altro, mentre con il personaggio di Rocky l'attore aveva potuto costruire da zero il suo personaggio e renderlo l'icona che poi è diventato. Dicevo proprio nella recensione di "Rambo III" che, dopo aver difeso la popolazione afghana dall'invasione russa - in un film storicamente arrivato fuori tempo massimo e non più attuale -, sarebbe stato decisamente bello vedere Rambo tornare proprio in quei luoghi per combattere quella stessa popolazione che si era rivelata, dopo l'11 Settembre, come la principale minaccia agli Stati Uniti e la popolazione occidentale, quanto meno secondo le idee politiche dominanti dell'epoca. Anche qui però per sviluppare il film, penso si sia aspettato un po' troppo tempo, facendo optare lo stesso Stallone, che qui per la prima volta prende le redini anche dietro la macchina da presa, per un ambientazione orientale tra la Thailandia e la Birmania, dove tra l'altro, sempre in quel periodo, si stava svolgendo una guerra civile abbastanza sanguinosa. Subito ne viene dunque una considerazione: perchè John Rambo, in qualsiasi momento storico sia ambientato il film a lui dedicato, si trova in una parte del mondo diventata d'attualità per la presenza di una guerra? Lo capisco nel secondo e nel terzo film, dove ci è stato mandato, ma in questo è proprio il trovarsi nel posto giusto al momento giusto, c'è da dire che in questo il personaggio è bravissimo.
John Rambo si è da tempo ritirato in Thailandia, dove lavora su un battello sul fiume Salween, al confine con la Birmania, una regione straziata da una delle guerre civili più longeve della storia tra il regime militare e i Karen, un gruppo etnico locale. Abbandonate le armi da molto tempo, Rambo viene avvicinato da un gruppo di protestanti americani, capeggiati da Sarah Miller e Michael Burnett, interpretati rispettivamente da Julie Benz e Paul Schulze, per portare loro in Birmania attraverso il fiume, dato che via terra la strada è stata ormai resa impercorribile dalle innumerevoli mine piazzate dai militari birmani. Il loro obiettivo è quello di consegnare ai Karen scorte di cibo, di medicinali e di bibbie per la popolazione. Una volta giunti a destinazione, quando ancora sulla barca, il villaggio viene assaltato dai militari delle truppe di Pa Tee Tint, interpretato da Maung Maung Khin, mentre Sarah e altri missionari vengono presi in ostaggio da un gruppo di pirati. Sarà dunque premura di John Rambo, una volta tornato in Thailandia, di aggregarsi come guida ad un gruppo di mercenari assoldati per liberare gli ostaggi, per poi entrare in azione in prima persona una volta resosi conto della necessità del suo intervento.
Dopo un terzo capitolo del tutto non riuscito, forse allo stesso Sylvester Stallone deve aver fatto benissimo la pausa di vent'anni presa dal suo personaggio, perchè il risultato è di quelli che soddisfa e anche alla grande. Innanzitutto vediamo sin dall'inizio un John Rambo, spento, silenzioso, depresso e altamente pessimista verso il mondo, abbiamo già un'evoluzione del personaggio maggiore in pochi minuti rispetto a quella nulla ottenuta con il film precedente ed è soprattutto un'evoluzione che piace perchè è resa, da parte dello stesso Stallone, in maniera coerente con il personaggio e con tratti di epicità non indifferenti, vedi ad esempio le lunghe scene di silenzio in cui guida la barca sul fiume, ascoltando e disprezzando ciò che dicono i mercenari, senza però mai intervenire direttamente e anzi, facendosi addirittura insultare, per poi far ricredere tutti quanti una volta scesi dall'imbarcazione. É chiaro quanto questo quarto capitolo della saga sia in realtà un vero e proprio giocattolone cinematografico, che, in tono minore rispetto al primo e al secondo capitolo, ma con decisamente più sangue e molta più violenza - a volte con una fotografia e degli schizzi di sangue quasi "fumettosi" - rispetto ai suoi predecessori, ha praticamente tutte le cose al proprio posto, fa riaffezionare gli spettatori ad un personaggio che era già diventato abbastanza ripetitivo e ci mette davanti a delle scene che fanno proprio saltare sulla poltrona, perchè sono dirette proprio in modo da ottenere questo effetto, più che un vero e proprio effetto sorpresa.
Insomma, nel 1988 avevamo lasciato un John Rambo interpretato da un Sylvester Stallone nel pieno della sua forma fisica, che però non era riuscito a dare al suo personaggio la giusta evoluzione psicologica, lasciandolo praticamente fermo al suo secondo film, lo ritroviamo nel 2008 - in un film che ricordavo benissimo anche prima della visione affrontata per questo speciale - con i capelli tinti di nero, gonfiato dagli steroidi e addirittura con più di qualche muscolo cadente, forse però nel film che più incarna - dopo la prima pellicola della saga che fa ovviamente storia a sè - quello che è lo spirito del personaggio: combattere per la difesa dei più deboli, il più delle volte da solo contro tutti. Il tutto è condito da un paio di scene letteralmente memorabili e dal mio amato splatter, forse poco realistico per un film di guerra, ma sempre coinvolgente dal punto di vista emotivo e dell'esaltazione dello spettatore.

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