Un sogno chiamato Florida di Sean Baker (2017)



USA 2017
Titolo Originale: The Florida Project
Regia: Sean Baker
Sceneggiatura: Sean Baker, Chris Bergoch
Durata: 115 minuti
Genere: Drammatico


É ormai da un paio di settimane che è ripartita la solita esperienza annuale con il Cineforum Vimodrone, associazione culturale per la quale figuro tra i fondatori che ha iniziato verso la fine di Settembre il suo quinto anno di attività. Sette saranno i film che, un Venerdì ogni due settimane, verranno proposti al nostro pubblico in questa stagione che va da Settembre a Dicembre, mentre all'incirca altrettanti ne verranno proposti da Gennaio a Maggio del 2020 - ancora dobbiamo decidere quali. Il programma di questo primo scorcio di stagione conta molti dei film che rientrano tra i miei preferiti di questa e della scorsa annata, ma, tra quelli di cui non vi ho parlato o che non ho visto in questi anni, si è partiti subito con "Un sogno chiamato Florida", che a dirla tutta il nostro pubblico non ha apprezzato appieno, forse perchè in qualche modo ha frainteso le nostre comunicazioni via mail e sui social. Il regista della pellicola, che ha visto Willem Defoe come candidato all'Oscar per il migliore attore non protagonista, è Sean Baker, sei film solamente nella sua carriera, ultimo prima di questo "Tangerine", che personalmente non ho visto, così come nessun altro dei suoi lavori. Protagonisti del film sono una ragazza, madre sola, interpretata da Bria Vinaite, e la sua bambina, interpretata da Brooklyn Prince. Scelta del regista è stata infatti quella di prendere per il suo film degli attori non professionisti, una scelta quasi neorealista in cui il solo Willem Defoe, tra gli attori con più minuti sullo schermo, ha avuto delle più che significative esperienze cinematografiche.
Moonee è una bambina di sei anni che vive assieme alla sua giovane mamma in un motel rosa confetto abbastanza pittoresco, alle porte di Disneyworld. Il suo livello di educazione non è particolarmente elevato e la madre, rimasta sola e con pochissime amiche, non è per lei il più bell'esempio da seguire. La ragazzina infatti passa buona parte della sua estate a zonzo con i suoi amici Scotty e Dicky senza nessuna supervisione, mentre Bobby, il custode del motel, cerca di fare di tutto per contenere l'irruenza innocente dei bambini, seguendoli e sorvegliandoli per quel che gli permette il suo lavoro - che spesso e volentieri è disturbato proprio dal loro comportamento. Halley nel frattempo passa buona parte del suo tempo in pigiama, nella stanza del motel, guardando la televisione. Non ha un vero e proprio lavoro e si guadagna da vivere in modo disonesto, vendendo imitazioni cinesi di profumi e stringendo amicizia solamente con Ashley, che però si distaccherà un po' da lei nel momento in cui riterrà sia meglio così per suo figlio Scooty.
"Un sogno chiamato Florida" è in tutto e per tutto un film di denuncia sociale, con uno stile che molti hanno ritenuto fosse simile al neorealismo italiano - filone cinematografico che ammetto di aver esplorato pochissimo nel corso della mia vita, essendo un po' più avvezzo al cinema d'intrattenimento, soprattutto nell'ultimo periodo - e in cui il regista non narra una vera e propria storia, quanto più che altro una serie di situazioni di reale degrado di cui gli Stati Uniti, ma in realtà un po' tutto il mondo, anche quella che si dice essere la parte fortunata del mondo - intendendo quella parte in cui non ci sono guerre e dittature ovviamente - , sono pieni. Appare dunque chiara in tal senso la scelta del regista di non scegliere attori professionisti per la sua pellicola, ad eccezione di uno straordinario Willem Defoe nella sua interpretazione, ma di scegliere la protagonista dopo aver visto le foto dei suoi tatuaggi, verissimi, su Instagram e di non dare al film una vera e propria trama, narrando il tutto con uno stile molto documentaristico che poco è piaciuto, al pubblico in sala.
A dirla tutta, per buona parte della durata del film, sono rimasto un po' interdetto anche io: la sensazione era quella che non si capisse bene dove "Un sogno chiamato Florida" volesse andare a parare e certamente lo stile narrativo della pellicola, abbastanza spezzettato, non mi è sembrato dei più facili, soprattutto poi per quelle persone che fraintendendo le nostre comunicazioni hanno deciso di portare bambini e famiglia al seguito per vedere un film che, in fin dei conti, sia a livello di contenuti sia per lo stile narrativo è un bel po' pesante. Quando però la pellicola inizia a portare in scena i veri sentimenti dei protagonisti della storia allora il livello sale, così come sale anche l'amaro in bocca nel vedere le varie situazioni che ci vengono narrate dal regista in questo film di denuncia. Insomma, sicuramente più che davanti ad un bel film dal punto di vista artistico, ci troviamo davanti ad una di quelle storie che è importante raccontare, indipendentemente dal fatto che poi il film possa piacere o meno sia dal punto di vista artistico sia da quello del coinvolgimento emotivo.

Voto: 7

Commenti

  1. Neanch'io ho apprezzato tanto, però non mi sono pentito di averlo visto, anzi ;)

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