Smetto quando voglio: Ad Honorem di Sidney Sibilia (2017)

Italia 2017
Titolo Originale: Smetto quando voglio: Ad Honorem
Regia: Sidney Sibilia
Sceneggiatura: Sydney Sibilia, Francesca Manieri, Luigi Di Capua
Cast: Edoardo Leo, Valerio Aprea, Stefano Fresi, Paolo Calabresi, Libero De Rienzo, Lorenzo Lavia, Pietro Sermonti, Marco Bonini, Rosario Lisma, Giampaolo Morelli, Luigi Lo Cascio, Neri Marcorè, Greta Scarano, Valeria Solarino, Francesco Acquaroli, Guglielmo Poggi, Peppe Barra
Durata: 96 minuti
Genere: Commedia


Ricordo poche volte nella storia del cinema in cui due capitoli appartenenti alla stessa trilogia escono al cinema nello stesso anno. Ma "Smetto quando voglio", che nel 2014 aveva raccolto i consensi del pubblico e della critica grazie alla sua comicità amara e fresca che prendeva spunto senza troppo timore dalla serie "Breaking Bad", è una trilogia che si vuole distinguere e allora ecco che il regista Sidney Sibilia decide di girare, insieme, sia il secondo capitolo "Smetto quando voglio: Masterclass", che ad inizio 2017 mi era particolarmente piaciuto per il suo strizzare l'occhio all'action all'americana senza dimenticarsi di raccontare un po' la situazione italiana, sia il terzo "Smetto quando voglio: Ad Honorem", poi uscito nei cinema a fine Novembre del 2017 e da me recuperato solo nei primi giorni di questo nuovo anno, dopo che le classifiche erano ormai state stilate. La sfida di questo terzo capitolo era quella di chiudere una trilogia senza deludere i fan, cosa che viene sicuramente scansata dal fatto di non aver creato così tanta attesa nel pubblico con il film che alla fine sembra essere arrivato nelle sale senza che molti se ne accorgessero.
"Smetto quando voglio: Ad Honorem", parte praticamente da dove ci eravamo lasciati con il finale del capitolo precedente: Pietro Zinni, sempre interpretato da Edoardo Leo, e tutta la banda sono in carcere e Pietro sta tentando di convincere il magistrato che qualcuno avrebbe sintetizzato il gas nervino per fare una strage. Dopo alcuni aiuti dall'esterno e grazie anche a Murena, interpretato da Neri Marcorè, scoprono che l'unica persona che avrebbe delle motivazioni per mettere in atto la strage con il gas nervino sarebbe Walter Mercurio, interpretato da Luigi Lo Cascio, che a causa dei tagli alla sicurezza aveva perso, in seguito ad un incidente in cui fu coinvolto anche Murena, la fidanzata Ginevra, a cui fu anche data la colpa dell'incidente. Patteggiando con il magistrato e facendosi incarcerare nello stesso penitenziario, la banda avrà tre giorni di tempo per organizzare un'evasione e fermare il piano di Mercurio.
Senza stare troppo a girarci attorno, penso che questo "Smetto quando voglio: Ad Honorem", pur avendo tutti i difetti del caso, sia stato senza particolari problemi la degna chiusura di questa trilogia. Non si è perso assolutamente lo spirito dei due film precedenti, si continua a divertirsi grazie a dei personaggi ben caratterizzati e che non perdono nel corso della trilogia la loro personalità e la loro verve comica, si continua soprattutto a riflettere, anche se sicuramente in tono minore rispetto al primo film dando più spazio alla parte da commedia, sulla situazione dei laureati e dei ricercatori italiani facendo una critica abbastanza preoccupante al modo in cui i fondi per la ricerca sono gestiti dalle università. Il tutto poi è reso ancora migliore da una gestione del ritmo lodevole e la solita dose di citazioni in cui il regista Sidney Sibilia pare sguazzarci clamorosamente.
Davvero buone sono poi le interpretazioni dei vari personaggi, con Alberto interpretato da Stefano Fresi a regalarci un paio dei momenti più divertenti dell'intera trilogia, rendendosi protagonista di una scena davvero memorabile in cui interpreta il "Barbiere di Siviglia" nello spettacolo canoro del carcere - chissà se a cantare era veramente lui... in tal caso, ancora di più tanto di cappello - rendendo la fuga della banda una delle vere e proprie chicche di questo capitolo conclusivo, che chiude degnamente una delle trilogie più fresche degli ultimi anni, sia se si considera solamente il cinema italiano sia se ci si spinge oltre i confini della nostra nazione.

Voto: 7,5

Commenti

  1. Beh quando il cinema italiano riesce ad uscire dalle tediose rotaie sul quale è incanalato ormai da anni (in particolare fuori dal circolo di nicchia dei generi) è sempre ben accetto e supportato un po' come emergere fuori dall'acqua per respirare.

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