Tre manifesti a Ebbing, Missouri di Martin McDonagh (2017)

USA, Regno Unito 2017
Titolo Originale: Three Billboards Outside Ebbing, Missouri
Regia: Martin McDonagh
Sceneggiatura: Martin McDonagh
Cast: Frances McDormand, Woody Harrelson, Sam Rockwell, Caleb Landry Jones, John Hawkes, Lucas Hedges, Peter Dinklage, Abbie Cornish, Samara Weaving, Clarke Peters, Darrell Britt-Gibson, Kathryn Newton, Kerry Condon, Željko Ivanek, Amanda Warren, Christopher Berry, Sandy Martin, Nick Searcy, Malaya Rivera Drew, Brendan Sexton III
Durata: 115 minuti
Genere: Drammatico


Arriva finalmente sugli schermi di questo blog la recensione di uno dei film più attesi, sia da queste parti sia da tutto il pubblico cinefilo italiano, di questo inizio 2018. Capace di guadagnarsi la candidatura a ben sei Golden Globe - quando preparo questo post ancora non sono state annunciate le nomination agli Oscar - vincendone quattro tra cui quello per il miglior film drammatico, "Tre manifesti a Ebbing, Missouri" già partiva, ancora prima della sua uscita, come uno dei grandi favoriti per la vittoria finale agli Academy Awards che si terranno la notte tra il quattro e il cinque Marzo. Oltre a questo, pochi giorni dopo l'uscita in Italia del film, alcuni già appellavano il film come un "instant masterpiece", uno di quei film in grado sin da subito, di diventare importantissimi per la storia del cinema, come fu secondo me lo scorso anno "La La Land". Posto che non sono completamente d'accordo nel definire questo film un capolavoro istantaneo, c'è da dire che, trattando il tema della violenza sessuale - anche se sicuramente il tema è visto in maniera molto molto diversa rispetto a ciò che è accaduto a Hollywood nell'ultimo periodo - il film parte avvantaggiato in questo senso, soprattutto per il suo peso politico visto ciò che è venuto fuori nello star system negli ultimi mesi.
Mildred Haynes, interpretata da Frances McDormand, è una madre divorziata di Ebbing, nel Missouri, con un figlio a carico di nome Robbie, interpretato da Lucas Hedges. Con un divorzio da un marito violento alle spalle, a circa un anno dalla morte della figlia Angela, stuprata e poi bruciata viva, decide di affiggere tre manifesti sulla strada che porta verso casa sua, che accusano la polizia di non aver fatto abbastanza per trovare il colpevole della morte della figlia. La decisione della donna di mettere la polizia della cittadina alla mercè dell'opinione pubblica da una parte sortirà l'effetto sperato, spronando la polizia al tentativo di cercare un colpevole che sembra non poter essere trovato, mentre dall'altro le si rivolterà contro: lo sceriffo Bill Willoughby, interpretato da Woody Harrelson, è particolarmente ben voluto in paese e il fatto che stia morendo di cancro fa passare il gesto della donna come un atto di pura insensibilità. La polizia inoltre non accoglierà bene la decisione della donna e tra questi vi è soprattutto un giovane poliziotto, Jason interpretato da Sam Rockwell, che vede Bill non soltanto come un mentore, ma quasi come un padre e non è disposte ad accettare, da parte della donna, delle accuse così dirette verso lo sceriffo.
Per girare questo film, il regista inglese Martin McDonagh, al suo quarto film da regista, si avvale di un cast di stelle di assoluto livello, tra i quali oltre ai nomi già citati spiccano anche quello di Peter Dinklage e di John Hawkes. che mette il film in una posizione particolarmente difficile già in partenza: andare sul sicuro con un film recitato perfettamente visti i nomi coinvolti oppure decidere di metterci qualcosa di proprio a livello registico? In un film in cui i dialoghi la fanno da padroni McDonagh sceglie senza troppi problemi la seconda strada, facendoci vedere in molti frangenti quanto la sua mano sia registicamente validissima, cosa che già avevamo visto in "In Bruges" qualche anno fa. Non è comunque dal punto di vista tecnico che secondo me il film riesce a distinguersi quanto più che altro dal punto di vista dei contenuti e del modo in cui questi vengono narrati. Arrivando circa alla metà della visione di questa pellicola subito mi è venuto alla mente "Manchester by the Sea", film dolorosissimo dello scorso anno per il quale non riesco a dire che sia un bel film, quanto più che altro un film dall'immenso valore cinematografico e contenutistico. "Tre manifesti a Ebbing, Missouri" sembrava partire con queste premesse: un film doloroso, un pugno nello stomaco, ma non si rivela essere così: alcuni dialoghi del film sono intrisi di un certo humour nero e i contenuti che la pellicola ci vuole trasmettere arrivano allo spettatore in maniera efficace. Il ritmo della narrazione non sarà certo forsennato, ma è tale da rendere la narrazione non pesante da seguire dato che già lo era l'argomento trattato.
Ultime ma non ultime, ma forse anche inutili da citare visto che su questo argomento il regista andava abbastanza sul sicuro, sono le performance degli attori: oltre a quella intensissima della protagonista Frances McDormand, valsale il Golden Globe come miglior attrice in un film drammatico e quella di Sam Rockwell che riesce a rendere il personaggio di Jason in tutte le sue sfaccettature - i suoi metodi e le sue idee sono discutibili ed è sicuramente quello che ne esce peggio da questo film, ma è anche quello che viene sviluppato in modo da dare al pubblico un personaggio a tutto tondo, discutibile ma non al cento per cento cattivo -, sono rimasto particolarmente estasiato dalla prestazione di Woody Harrelson, che è sempre una garanzia, il cui personaggio magari non sarà quello che ha più cosa da dire, ma è sicuramente uno di quelli che al termine della visione mi ha lasciato di più a livello umano.

Voto: 8,5

Commenti

  1. Ho trovato splendidi gli attori e potentissima la storia (con dei personaggi assai sfaccettati, come hai sottolineato), però ho percepito qua e là qualche "sbavatura" che non me l'ha fatto apprezzare al 100%. Detto questo, ci ripenso ancora a distanza di una settimana quindi non posso che ribadire la sua natura di grandissimo film :)

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  2. Benvenuto anche a te nel club dei Tremanifestisti del martedì ;)

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  3. Molto bello, ma per quanto mi riguarda non un "instant masterpiece".
    La La Land volava su livelli poetici, e non solo, ben più alti.

    Non so, questo c'ha un retrogusto coeniano che mi ha impedito di amarlo in pieno...

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