The Host di Bong Joon-ho (2006)


Corea del Sud 2006
Titolo Originale: 괴물 (Gwoemul)
Regia: Bong Joon-ho
Sceneggiatura: Bong Joon-ho, Won-jun Ha, Chul-hyun Baek
Durata: 119 minuti
Genere: Fantascienza, Horror, Drammatico


Dopo aver visto l'ottimo "Memories of Murder", secondo film di Bong Joon-ho che è diventato, dopo la vittoria di "Parasite" nella mia personalissima classifica dei migliori film del 2019, protagonista di uno speciale a lui dedicato su questo blog - sto ancora lavorando per trovare il suo primo film, mai arrivato in Italia, piuttosto anche sottotitolato - è il momento di parlare su questi schermi del suo terzo lavoro, "The Host", uscito nei cinema coreani nel 2006, mentre in Italia pare essere andato in onda per la prima volta nel 2013 su Rai Movie e ora si trova nel catalogo di Netflix solamente in lingua originale con i sottotitoli in italiano. Ancora una volta Bong Joon-ho, come in "Memories of Murder" e anche nell'ultimo lavoro "Parasite", decide di affidare il ruolo di protagonista al suo attore di fiducia Song Kang-ho, mentre nel cast figura anche l'attrice Bae Doo-na, che aveva partecipato qualche anno prima a "Mr. Vendetta", mentre poi è diventata famosa in occidente grazie alle sue partecipazioni in "Sense8", in "Cloud Atlas" e in "Jupiter - Il destino dell'Universo". Ci tengo anche a segnalare la partecipazione dell'attrice alla serie televisiva "Kingdom", ottima serie di zombie coreana disponibile su Netflix solamente in lingua originale sottotitolata.
Siamo in Corea del Sud, nel 2000: un anatomopatologo americano, in un obitorio assieme al suo assistente sudcoreano, ordina all'uomo di gettare nello scarico oltre duecento fiale di formaldeide, ormai scadute ed inutilizzabili. Passati alcuni anni da quell'evento, alcuni passanti notano in un fiume una strana creatura anfibia che, subito dopo l'avvistamento scatena letteralmente il caos, lasciando dietro di sè una scia di vittime, per poi dileguarsi. Tra le vittime c'è anche Hyun-seo la figlia di Park Gang-du, il protagonista del film, un uomo che gestisce assieme al padre un chiosco di alimentari e che da tempo attende il ritorno della sorella Park Nam-joo, esperta tiratrice con l'arco e idolo della nipotina. Nel frattempo le autorità, indagando sullo stato di salute di un uomo entrato in contatto con l'essere, scoprono che il mostro può essere portatore di un virus, motivo per cui nelle città che costeggiano il fiume Han viene proclamato lo stato di allerta.
Dopo aver esplorato il genere thriller con il bellissimo "Memories of Murder", il regista Bong Joon-ho decide di virare sull'horror di fantascienza, prendendo certamente ispirazione da pietre miliari del genere, in arrivo sempre dal cinema orientale come "Godzilla", per esempio, con la differenza che il mostro ideato dal regista punta più che altro a nascondersi e a nutrirsi, piuttosto che ad essere portatore di distruzione. In questo film il regista però non vuole realizzare una semplice pellicola catastrofica, ma di porre al suo interno anche l'attenzione su un sottotesto politico e sociale cui il regista dimostra di tenere sin dai suoi primi lavori in carriera, ancora prima di arrivare al cinema hollywoodiano con "Snowpiercer" e ancora prima di essere sulla bocca di tutti per "Parasite". Dal punto di vista registico siamo ancora una volta davanti ad un film perfetto, in grado di creare la giusta atmosfera e la giusta sensazione, nel pubblico, che nel contesto della narrazione ci sia qualcosa che non va, con le autorità militari che vogliono in qualche modo coprire il disastro, mentre la popolazione protesta vivacemente.
In tutto questo viene anche dato lo spazio necessario ai protagonisti per evolvere dal punto di vista psicologico: Park Gang-du comincia il film come una specie di fannullone buono a nulla, forse nemmeno in grado di fare da padre a Hyun-seo - con la madre scomparsa quando lei era ancora molto piccola -, fino a diventare un uomo in grado di prendere completamente in mano la propria vita e di darsi finalmente da fare. Un po' più piatto come personaggio è quello della sorella Park Nam-joo, con la sua evoluzione che mi è semplicemente sembrato un prendere coscienza delle proprie abilità in modo da avere più sangue freddo in situazioni difficili, nonostante questo mi è parso un personaggio molto riuscito. Bello è invece il rapporto che si viene a creare tra Hyun-seo - che si scopre essere in realtà viva nelle prime battute del film - e l'altro bambino nelle grinfie del mostro: nell'estrema difficoltà anche i soggetti anagraficamente più piccoli sanno prendere delle decisioni che possono influenzare in qualche modo la vita di qualcun altro. Per quanto il finale sia straziante dal punto di vista narrativo, abbiamo poi una scena conclusiva che dà un po' più di speranza allo spettatore, perchè da una tragedia, in qualche modo, tutti hanno potuto imparare qualcosa, rendendo migliore il proprio atteggiamento verso la vita.


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